Devo dire che apprendo con confermato rammarico la notizia della presentazione del disegno di legge in materia di stupefacenti che intende riformare il trattamento sanzionatorio per i consumatori di sostanza stupefacente che si dedicano, in considerazione della propria dipendenza, allo smercio di quantitativi per lo più modesti finalizzato al proprio bisogno.
Tale disegno prevede l’eliminazione del comma quinto dell’art. 73 del T.U. che sanziona chi cede quantitativi modesti di sostanza stupefacente in un contesto di disagio e non di mero lucro.
Non intendo in alcun modo giustificare questo comportamento insinuando in chi mi legge una sorta di pietismo; da anni insieme ai colleghi della Federazione mi batto per l’affermazione dell’illiceità della condotta invocando una sanzione che sia costruttiva e non distruttiva.
Su tali condotte, appunto, si sono scritte pagine di dottrina e giurisprudenza, ma nessuno ha mai osato porre in discussone la differenza che esiste tra un tossicodipendente ed uno spacciatore professionista. Nessuno ha mai osato eliminare dalla normativa l’attenzione al problema della dipendenza ed alla sua illecita manifestazione.
Si sono susseguiti governi che, anche maldestramente, hanno cercato di porre un freno al problema, ma nessuno ha mai osato creare meccanismi sanzionatori in grado di reprimere indistintamente incoraggiando – e non scoraggiando – in questo in modo la commissione di reati.
Ma attenzione, il meccanismo tenderà non solo ad impedire qualunque forma di trattamento riabilitativo ma ad acuire in modo esponenziale il problema del sovraffollamento carcerario.
Non abbiamo bisogno di proclami in un momento storico in cui il disinteresse per il dipendente da sostanze ha preso il sopravvento soprattutto per l’indisponibilità economica dello Stato a farsi carico di un problema sociale.
L’Onorevole Salvini dovrebbe preoccuparsi non solo della sicurezza ma anche del benessere sociale che alla prima è strettamente correlato.
Risulta del tutto inutile annunciare che verrà eliminato il comma 5 bis dell’art. 73 DPR 309/90 – che in pochi hanno veramente applicato e conoscono – che senza abiurare alla sanzione trasforma la stessa in percorsi di lavori di pubblica utilità.
Si tratta di una norma introdotta dal Governo di centro destra nel 2006 il cui valore è stato disatteso e frainteso e che, invece, avrebbe favorito non solo trattamenti socio-riabiltativi ma percorsi di inclusione sociale e relazionale. Quale significato viene ad assumere il concetto “Droga Zero” in assenza di meccanismi che agevolino il recupero ed in presenza di sanzioni tanto eccessive da vanificare qualunque speranza di una società migliore. La proposta impedirà non solo l’applicazione della condizionale, con grande soddisfazione di questo Governo, ma anche l’accesso a percorsi di Messa alla prova il cui valore è indiscusso per il conseguimento del benessere collettivo.
Il mondo del sociale, che ha profuso negli anni energie illimitate, si trova ancora una volta spiazzato da tali iniziative ed ancora più sfiduciato nella possibilità che venga realizzato un intervento normativo illuminato che riordini il sistema delle dipendenze rivedendo l’intero testo unico come da sempre auspica.

AVV. MARCO CAFIERO
Specializzato in criminologia clinica . Membro del Consiglio di Presidenza F.I.C.T