Il primo riguarda una lettera scritta nel 1886 da Freud alla sua fidanzata quando aveva 30 anni.
….Pensa mi ha invitato insieme a Richetti, a casa sua per un dopo cena . Ti puoi immaginare la mia apprensione mista a curiosità e soddisfazione: cravatta e guanti bianchi, camicia nuova, una bella spazzolata ai quel po’ di capelli che mi rimangono e via. Un po’ di cocaina per sciogliermi la lingua [1]…

Tre indizi fanno una prova.

Il secondo riguarda una storia bizzarra del 2003, che ha visto coinvolto in una questione di cocaina un senatore che dichiarò di farne uso per “questioni terapeutiche.”
Il terzo indizio, c’è consegnato da un’importante ricerca svolta dall’osservatorio epidemiologico di Bologna, diretto dal Dott. Raimondo Maria Pavarin [2]. In questo lavoro sono stati intervistati 12.534 soggetti, incontrati 59 Città di 28 Provincie di 9 Regioni italiane. Delle persone intervistate con modalità random, incontrate in luoghi che non avessero a che fare solo con i servizi per le tossicodipendenze, 3.899 ha incontrato la cocaina nella loro vita. Oltre ad altre importanti notizie su questo mondo e che possono essere trovate nel testo in nota,  la questione che qui vale la pena evidenziare, riguarda il profilo del consumatore di cocaina che esce da questo poderoso lavoro: età media 28 anni; persone con un lavoro e di conseguenza una possibilità economica per procurarsi la sostanza; persone che ricercano in questo particolare “additivo” prestazione, resistenza al lavoro, piacere.
Ed ecco confezionata la prova, se ve ne fosse la necessità, la cocaina sostanza sì sperimentata dai giovani, interessa con certezza il mondo degli adulti.
E’ di vitale importanza essere consapevoli di questo fatto; da ciò discende che l’approccio a questo fenomeno non deve lasciare spazio ad un facile giovanilismo, anzi, occorre invece pensare a strategie mirate e raffinate d’informazione, prevenzione e trattamento, rivolto soprattutto a un target di persone più adulte.
Tra le altre cose questo dovrebbe trasmetterci anche un certo senso di fiducia, infatti, è molto più semplice costruire relazioni con persone adulte, anche sul tema del consumo di sostanze psicoattive, che con i giovani.
Tra gli assiomi della pedagogia quello che m’ingaggia maggiormente riguarda la capacità dell’uomo di modificare se stesso, azione molto più semplice che non quella di voler obbligare gli altri al cambiamento.
Se così è, anche l’esperienza di vita degli adulti consumatori diventa allora una risorsa, perché appunto più esperienze di vita si hanno, più aumentano le capacità di critica e di cambiamento, caratteristiche invece non sempre presenti nei giovani che si affacciano al loro viaggio nella vita.
Una conferma a tutto ciò la riscontro spesso quando m’incontro a scambiare opinioni con chi ha deciso d’intraprendere un percorso di affrancamento dall’uso di cocaina.
Alfredo (nome di fantasia ma storia vera) di anni 45 conosciuto al Progetto “No cocaine” del Centro di Solidarietà di Reggio Emilia, “nonostante i miei anni quando non riesci più a gestire la tua vita, la devi dare in mano ad altri….”
“ho passato 2 anni lavorando su di me e sulle mie debolezze. Adesso la mia vita l’ho ripresa in mano, e ho riscoperto il piacere della decisione e della responsabilità che ciò comporta.”
Ora non voglio dilungarmi sulla storia di Alfredo, ma piuttosto vorrei spendere alcune parole sull’uso compatibile delle sostanze perché se la sostanza è diventata compatibile con la vita, anche i trattamenti dovrebbero tendere allo stesso obiettivo.
La cocaina sta mettendo a dura prova il sistema dei servizi pubblico e privato, servizi nati e cresciuti attorno al problema dell’eroina, dobbiamo dircelo, oggi  in molti casi non sono sufficienti né i percorsi di colloqui, anche di alta specializzazione, né dall’altra parte le comunità non riescono a garantire la compatibilità del trattamento. 
I gruppi di alcolisti anonimi o di narcotici anonimi, sono lì a ricordarci quotidianamente che l’accompagnamento al recupero di governo della propria vita, passa attraverso la costruzione di relazioni forti e attraverso la riscoperta di un proprio senso alla vita, in questo caso addirittura quotidiano.
Ecco lo sfondo, l’orizzonte a cui tendere: territorio, compatibilità e valorizzazione dell’esperienza di vita del consumatore “adulto”.
Per inciso Alfredo è riuscito a fare un percorso territoriale che sfruttava le serate e gli spazi che il proprio lavoro gli offriva.

di Ivan Mario Cipressi

 

[1] Cfr. “Sulla cocaina  Freud,  GTEN edizioni”

[2] Cfr. Raimondo Maria Pavarin, Alessandro Dionigi: “Cocaina. Percezione del danno, comportamenti a rischio e significati”. Ed. Clueb