Guidare in stato di ebbrezza rimane un reato grave per sè e per gli altri, ma scontarlo facendo del bene agli altri farà bene anche a se stessi. Sembra un gioco di parole ma un gioco non è: d’ora in poi gli automobilisti condannati a sanzioni penali perchè positivi al test su alcol o stupefacenti potranno chiedere di sostituire il carcere con lavori di pubblica utilità presso le strutture del Ceis. La convenzione è stata firmata proprio dal Ceis di don Giuseppe Dossetti con il Tribunale di Reggio, presieduto da Francesco Maria Caruso e la prima convenzione, con lo zampino dell’avvocato Paolo Fioroni è già attiva per un reggiano processato dal tribunale di Verona.

La convenzione stipulata tra il Ceis e il tribunale reggiano

 Solo i residenti nella nostra provincia infatti hanno diritto alla nuova opportunità prevista dagli articoli 186 e 187 del Codice della Strada, anche se il reato è stato commesso altrove. A farne richiesta deve essere lo stesso condannato.  «Stiamo raggiungendo la prassi della religione cristiana, dove la penitenza aiuta a crescere – commenta don Dossetti – al momento siamo in grado di gestire non più di cinque situazioni contemporaneamente, auspichiamo che presto altre realtà seguano questo esempio pilota». «Altri soggetti come il Comune con le diverse articolazioni potrebbero abbracciare questa nuova opportunità processuale – continua Caruso – abbinare l’aspetto punitivo al recupero sociale è utile per l’interessato, per chi è oggetto del suo lavoro di cura, ma soprattutto per la società, per evitare che il reato venga reiterato».  Se 250 euro di ammenda valgono un giorno di carcere, due ore di lavoro socialmente utile valgono un giorno di detenzione: questo il rapporto secondo il quale avviene la conversione della sanzione penale in pena alternativa. Le ore possono essere svolte alla sera o nei weekend, come avviene per gli altri volontari del Ceis.  La prima domanda accolta è già stata convertita, a partire dal 19 marzo, in servizio presso Casa Flora del Ceis, dove oltre a tossicodipendenti ci sono anche malati di Aids. I volontari sono chiamati a condividere con loro la quotidianità e ad accompagnarli, ad esempio, in biblioteca o in altri giri cittadini perchè non cadano in tentazione.  «I processi a Reggio sono più di cento – spiega Francesco Maria Caruso – non ha diritto all’alternativa però chi ha causato un incidente. Inoltre questa possibilità può essere concessa una volta nella vita».

fonte: Gazzetta di Reggio