Da tempo sulla stampa assistiamo al resoconto della Polizia Stradale e dei Vigili sulla quantità di persone sottoposte all’alcol test e di conseguenza delle patenti ritirate. La questione alcol è ritornata prepotentemente all’ordine del giorno soprattutto per l’inasprimento del codice della strada ma nonostante ciò rimane un argomento sul quale occorrerebbe fare qualche affondo di carattere culturale semplicemente per aiutare le persone a fare scelte consapevoli e non solo legate alla paura della “pena.”

 

 

Per questo motivo ho chiesto ad una collega, che lavora presso il Centro di disintossicazione del Ceis di Reggio Emilia, di approfondire il tema dell’alcol. A fine dialogo mi ha chiesto simpaticamente di firmarsi  con pseudonimo Don Chiscotte. Chissà perché?

Da dove partiamo per  parlare di alcol?

Parlare di alcol non è facile, il discorso si fa lungo e complesso, in primis poiché nominiamo qualcosa di indefinito. Mentre parliamo di altre sostanze tossiche abbiamo termini e nomenclature precise: sappiamo cos’è la cocaina o  l’eroina, riconosciamo con cosa ci misuriamo, ne prendiamo consapevolezza e distanza. Ma per l’acol? Di chi o cosa parliamo? Contro chi o cosa ci misuriamo?

L’alcol è contenuto (anche) nelle bevande alcoliche perciò vino, birra, amari, liquori…

L’Organizzazione Mondiale della Sanità si è espressa per alcol zero (0 alcol = 0 rischi) – l’alcol è una sostanza psicotropa, equivale a dire: droga.

Ma qui viene il bello!

Non parliamo di vino, birra o amari ma genericamente di ALCOL, come se – in qualche modo – dovessimo evitare di nominare qualcosa di intoccabile. E in effetti a pensarci bene se utilizziamo il termine alcol e siamo tutti d’accordo nel considerarne pericolosità e danni, siamo poi altrettanto imbarazzati ad esprimerci con la stessa perentorietà se parliamo di Barolo, Brunello, Weisse, Montenegro, Limoncino… eppure – mi pare – non siamo altrettanto schizzinosi nel distinguere cocaina, crack, lsd, anfetamine, barbiturici, mdma, inalanti…

In breve, è abbastanza chiaro che un discorso sull’alcol è un po’ come la lotta di Don Chisciotte contro i mulini a vento: un’illusione!!!!!!

Allora il ragionamento si fa più ampio e assume altri significati poiché realmente ciò che si va a toccare è l’ipocrisia della cultura in cui tutti siamo immersi (o sommersi) ma siccome ognuno vuole continuare a vivere come crede e gli pare guai a toccare ciò che è legittimo e sancito per legge: bere non è illegale, pertanto… Pertanto non è pericoloso!

Ma come? Non avevamo detto poco fa che siamo tutti d’accordo nel definire l’alcol una sostanza pericolosissima e dai danni e costi sociali elevatissimi?

Ma allora si può sapere di cosa e come ne dobbiamo parlare?

Bè, intanto proviamo a sfatare una serie di luoghi comuni:

L’alcol aiuta la digestione. Non è vero! La rallenta e determina un alterato svuotamento dello stomaco.

Il vino fa buon sangue. Non è vero! Il consumo di alcol può essere responsabile di varie forme di anemia e di un aumento di grassi nel sangue.

Le bevande alcoliche sono dissetanti. Non è vero! Disidratano: l’alcol richiede una maggiore quantità di acqua per il suo metabolismo in quanto provoca un blocco nell’ormone antidiuretico, quindi fa urinare di più aumentando la sensazione di sete.

L’alcol dà calore. Non è vero! E’ un vasodilatatore periferico, quindi disperde calore.

L’alcol aiuta a riprendersi da uno shock. Non è vero! E’ un vasodilatatore periferico, allontana il sangue dagli organi interni.

L’alcol dà forza. Non è vero! E’ un sedativo e produce soltanto una diminuzione del senso di affaticamento e della percezione del dolore.

La birra fa latte. Non è vero! Passa nel latte materno e viene assunto dal bambino.

(tratto da relazione Dr. BRUNETTO, Responsabile Unità Operativa di Alcologia- Asl 20 Verona)

Quindi se non è un problema di legalità o illegalità da che parte affrontiamo la questione bere?

Forse – semplicemente – sarebbe meglio parlare di piacere e gusto del bere e se proprio se ne ha voglia (e coraggio) indagare e comprendere come mai e perché proviamo tanto gusto e interesse ad alterarci (ben nascosti dietro al velo della legalità dell’evento)…

E’ anacronistico e assurdo pensare a proibizionismi e divieti, eppure è fasullo e fuorviante relegare il problema ai solo giovani o ad una parte di società troppo fragile, non in grado di bere responsabilmente -moderatamente ecc. ecc.

E’ un problema aperto che riguarda tutti e che compete alla responsabilità individuale: la responsabilità di chi vuole affrontare domande sconvenienti e discorsi scomodi. Il primo passo della responsabilità è prendere consapevolezza dei  luoghi comuni che accompagnano questa pratica di socializzazione e che molto spesso non rispondono a verità.

Don Chiscotte, operatore di Comunità

Ivan Mario Cipressi