Oggi con piacere presento un piccolo tascabile di 70 pagine, dal titolo: Un luogo di speranza edito dal  CeIS Centro di  solidarietà di Reggio Emilia, nella collana “con gli occhi del cuore”.
Questo “tascabile esperienziale” ha visto la luce grazie al contributo dell’associazione di volontariato Servire l’Uomo, che affianca il CeIS di Reggio Emilia dal 1987, per i percorsi di accoglienza e di accompagnamento delle persone che iniziano e concludono programmi di recupero di dipendenza da sostanze.

edito dal CeIS Centro di solidarietà di Reggio Emilia, nella collana “con gli occhi del cuore”

Mi aiuterà in questa presentazione Eliseo Bertani che ha curato la pubblicazione insieme ad alcuni colleghi e ai partecipanti del GDA (gruppo dipendenti anonimi) progetto di gruppo serale del Centro di solidarietà di Reggio Emilia  per persone che hanno problemi di dipendenza.
Eliseo Bertani è un educatore professionale, counsellor in analisi transazionale, esperto di dipendenze patologiche. Lavora al Centro di solidarietà di Reggio Emilia dal 1984 e attualmente è coordinatore dei progetti territoriali “No Cocaine” programma per assuntori di cocaina, “GDA” gruppo dipendenti anonimi e del progetto “Happy Hours” rivolto a giovani  e giovanissimi consumatori di sostanze .
Fatte le dovute presentazioni buttiamoci un po’ in queste pagine intrise di esperienze.

La prima domanda è la più canonica di tutte, perché la scelta di scrivere questo testo?

Noi crediamo che oggi più che mai, negli anni della crisi e del pessimismo,  si debba dire che: “dalla droga si esce”. Questo è uno slogan degli anni 80, ma per noi sempre attuale. Il tascabile che abbiamo prodotto vuole essere un contributo per tutti coloro che hanno a che fare con il problema delle dipendenze e che cercano un aiuto, una possibilità.  Inoltre abbiamo voluto presentare  il percorso del gruppo dipendenti anonimi, che utilizza il programma dei “dodici passi,”  per mettere in risalto un modello  terapeutico efficace molto utilizzato oltre oceano ma in Italia poco valorizzato dai servizi per le tossicodipendenze sia pubblici che privati.

La seconda domanda ancora più classica è: perché la gente si droga?

A questa domanda da sempre la sociologia, la psicologia, la medicina e oggi le neuroscienze cercano di dare risposte e ognuna partendo dai propri paradigmi, inoltre si sono scritti migliaia di libri in merito ma le dipendenze sono in forte aumento. Le dipendenze non sono altro che un’accentuata  manifestazione delle contraddizioni della nostra società. Fatta questa premessa generale, ora rispondo nel modo più semplice che posso, dicendo: la gente si droga perché non riesce ad amare. Nella vita l’unica cosa che conta è voler bene e volersi bene.

Questo tascabile  aiuta i programmi di recupero fai da te?

Alcune case editrici inserirebbero il nostro tascabile nelle collane definite sussidi d’auto aiuto, ovvero strumenti che possono facilitare degli apprendimenti autonomi. Questi manuali oggi sono molto venduti, per esempio negli ultimi anni abbiamo visto il proliferare di libri, articoli e altro ancora, sulle svariate diete dimagranti o sui percorsi per smettere di fumare o altro ancora; il limite di questi prodotti è quello d’indurre il lettore a pensare di fare tutto da solo. Nello specifico delle dipendenze è bene farsi aiutare, cercare un sostegno che accompagni e renda il processo di cambiamento meno faticoso. D’altra parte l’esperienza che presentiamo in realtà si basa sulla dinamica di gruppo e sul recupero delle relazioni significative.

Avendo incontrato molte storie di recupero e a volte anche di fallimento, quale consiglio ritieni prezioso da ricordare a chi trova invischiato in problemi di droga?

L’uomo, in genere, non ama molto ricevere consigli soprattutto se non li chiede e io non voglio darne, semplicemente posso dire che, chiunque fosse interessato a confrontarsi  sul tema delle  dipendenze, sia come familiare o persona direttamente coinvolta o come professionista, mi può contattare allo 0522.293036 e io sarò ben contento  d’incontrarla. Nell’era di facebook, e di altre forme di comunicazione moderna io rimango un uomo “fatto all’antica”, preferisco stringere la mano alle persone e poterle guardare negli occhi.

Sfogliando il manuale si nota che le storie scelte riportano percorsi di recupero abbastanza “tormentati” non mancano riferimenti a momenti di ricaduta. Cosa ne pensi di questo fatto?

La ricaduta è un fatto normale in ogni processo di cambiamento, il bambino nell’imparare a camminare cade. Il problema quindi non è cadere o ricadere ma cosa fare delle ricadute,  esse sono la possibilità di capire meglio i limiti  e le possibili risorse che si possiedono. A volte però si incontrano persone che continuamente ricadono, che sono dipendenti anche da più di vent’anni e a parte qualche breve periodo non riescono a stare sobri. Chi opera nel campo delle professioni d’aiuto troppe volte si nasconde dietro a frasi del tipo: “Non sono motivati, non vogliono cambiare”. Questo ci dice che per loro non abbiamo ancora trovato una terapia adeguata, un percorso efficace e che la ricerca e il cambiamento nel nostro campo sono l’unica costante.

In questo momento corrono i giorni in cui si sta consumando la crisi di San Patrignano. Cosa ne pensi degl’interventi nelle comunità?

Per la mia esperienza credo che per l’uomo sia innato il bisogno di fare comunità, di trovarsi intorno a dell’esperienze aggreganti, di fare gruppo, d’appartenere e la coesione sociale di cui si parla tanto oggi non è altro che questo e di questi tempi ne abbiamo molto bisogno. Una società individualista, frammentata ed egoista muore . In quest’ottica i principi della comunità sono molto attuali, ma la comunità deve essere terapeutica ovvero offrire una varia gamma di strumenti pedagogici che promuovono processi di cambiamento. Una azione educativa seria deve stimolare apprendimenti su tutte le intelligenze dell’uomo, sviluppare l’acquisizione di  competenze e abilità utili al miglioramento di sé.

Cosa ti aspetti da questo testo?

Il mio desiderio è espresso nel titolo del tascabile: “Un luogo di speranza”. Oggi mi sembra che ci sia un bisogno impellente di sperare, di credere in un mondo migliore; di guardare al futuro con ottimismo e di non farsi ingabbiare dagli umori prodotti dai crolli delle borse o dai terremoti finanziari e dalla tendenza di vivere la propria vita in modo isolato. La speranza è qualcosa di concreto che ha a che fare con la capacità di superare le proprie paure; questo lo si ottiene più facilmente  attraverso piccoli passi, come per esempio iniziando a credere di poter smettere di usare sostanze e chissà forse avvicinandosi al nostro centro.

Per chi fosse interessato a questa pubblicazione può passare dalla struttura di via Codro 1/1 a Reggio Emilia. Le offerte raccolte aiuteranno il proseguimento dell’esperienza del gruppo GDA.

Ivan Mario Cipressi