“Il perché di questo libro sta nel ripercorrere la storia del CEIS per evidenziarne la visione, le aspirazioni, i desideri, gli ideali, le motivazioni, lo stile e l’approccio che hanno consentito il suo sviluppo, la solidità e la coerenza. L’intento è risaltare il messaggio che la sua presenza può trasmettere grazie alla capacità di non appiattirsi sul fare, ma di mantenere aperta la tensione verso il bene possibile, nonostante i limiti, le insufficienze, le contraddizioni e i paradossi inevitabili per un’istituzione che opera in ambiti così complessi.” Scrive padre Giuliano Stenico nell’introduzione al libro “Intuizioni di bene”, disponibile anche online al seguente link: https://www.gruppoceis.it/intuizioni-di-bene/
Dal racconto della sua infanzia si respira già l’attitudine e la sensibilità ad una vita essenziale, basata sulla condivisione e comunione, sul “sentire” e sull’aiuto reciproco. La sua famiglia, la vita e la contemplazione della bellezza dei campi, ed in particolare il ricordo della terra “vangata” e “zappata” con cura è valore di memoria e di famiglia. L’attenzione ai poveri, il mettere la persona al centro, la tensione al prendersi cura, nascono da quei contesti relazionali vissuti, dalle emozioni sperimentate nell’infanzia, nel percorso educativo e di fede maturato nei lunghi anni di studio passati nelle sedi dedicate dei dehoniani, dalla scuola media al ginnasio, al liceo e fino alla teologia.
Il libro ripercorre tutte le tappe fondamentali dalle radici familiari e l’infanzia alla nascita del CEIS, oggi Fondazione CEIS Onlus, e della sua evoluzione sino ai giorni nostri. Un destino intrecciato dalla sua esperienza personale con la storia di una moltitudine di persone che hanno segnato gli oltre 40 anni del CEIS. L’incontro con Don Mario Picchi, l’apertura della prima comunità dei tre Centri CEIS, nel 1983, denominata “La Torre”, fino alla descrizione della crescita dei servizi del Centro di Solidarietà per rispondere ai bisogni emergenti della società. “Il CEIS gestiva tutto un ventaglio di proposte possibili sulle dipendenze, dalla bassa soglia all’alta specializzazione, una configurazione molto diversa dagli inizi, senza tradire l’ispirazione iniziale.”
Oggi, ha realizzato e gestisce realtà molto diversificate. Non per particolari strategie o precisa progettazione imprenditoriale: “la ragione è sempre la stessa, scrive padre Giuliano, oltre il sintomo c’è la persona con i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue potenzialità e l’esigenza di essere considerata, innanzitutto, come tale.” Da qui il supporto ai malati di aids, l’affiancamento ai minori, donne, migranti, l’assistenza ai malati psichiatrici, la comunità per i disturbi del comportamento alimentare, ai minori e ai minori stranieri non accompagnati. Infine, un particolare impegno verso le donne con dipendenza: “Le donne necessitano, rispetto agli uomini, di un’attenzione particolare, perché a seguito di comportamenti trasgressivi è più facile che si svalutino e si lascino andare. Fin dall’inizio, per esempio, notammo una sostanziale differenza tra un ragazzo tossicodipendente che si prostituiva per la “roba” e una ragazza che adottava lo stesso comportamento per il medesimo fine.”
Racconta padre Giuliano: “Una volta una ragazza mi confessò: «Che cosa ho da dare io se non il mio corpo? Null’altro!», una frase che ogni volta che mi ritorna alla mente genera in me uno sconvolgimento indicibile.” Da questa esperienza nasce Casa Mimosa con l’applicazioni di metodologie specifiche.
Il libro contiene tantissimi racconti, fatti di incontri e di scambi, un manuale che approfondisce tutte le dipendenze anche comportamentali e affettive e che ci fa comprendere i cambiamenti dei bisogni tramite la storia della vita e dell’opera di padre Giuliano. Le lotte condotte insieme allo staff e la grande motivazione per raggiungere gli obiettivi che pongono al centro sempre l’uomo: “ È la persona al centro, in sostanza, e non le istituzioni, che sono al suo servizio”.
Padre Giuliano si sofferma alla fine del testo sul significato di promozione di una cultura inclusiva e dell’accoglienza, intesa come modo di essere e di agire verso chi è in difficoltà, dove la qualità della relazione è centrale e risponde alla domanda del perché prendersi cura gli uni degli altri. Perché noi “siamo esseri relazionali”!
È questo il fondamento biologico, psicologico, etico, valoriale della ricerca, della scoperta e dell’interiorizzazione di significati senza i quali è impossibile affrontare gli eventi dell’esistenza. “Ho maturato la convinzione che non vi può essere identità se non dialogica, dinamica, predisposta all’incontro. La persona si costruisce e si realizza in quanto incontro.” In fondo come afferma padre Giuliano: “La felicità è conseguenza del bene che opero.”