Mario (nome fittizio ma storia vera) dopo tre anni e mezzo di carcere, per tutta una serie di reati estorsivi (cavolate, ma recidivo), finisce la sua pena da detenuto e, finito questo percorso di comunità (anche il carcere è una comunità), pagato il debito con la giustizia (come si dice) cerca un posto dove collocarsi.

Uomo di mezza età, ha perso tutto. Proprio tutto. Anche i figli.

Ha perso pure la salute. Si ritrova con disturbi cardiaci ed è diabetico grave, cioè una persona che deve “farsi l’insulina” ogni giorno.

Gli sono scaduti tutti i documenti. Gli resta valida soltanto la patente, fra poco in scadenza.

Finito il domicilio in carcere – classica residenza provvisoria – ora è senza alcuna residenza, privo di qualsiasi domicilio, privo di lavoro, privo di soldi, privo di casa (ovviamente), privo di salute, pieno di bisogni vitali cui non trova risposta.

Si reca presso l’Ufficio d’Anagrafe del comune sede del carcere. Risultato: sconosciuto, nessuno può far niente per lui.

Si reca nel comune dove è nato, oltre cento chilometri lontano dal carcere: nessuno lo conosce, essendo privo di residenza là, ovviamente non esiste.

Si reca dai distretti sanitari di più Asl, poco prima di cadere tramortito a terra per le sue malattie, però è privo di tessera sanitaria, non risiede là, se vuole aghi e insulina deve tra l’altro pagare e lui è un miserabile senza un centesimo in tasca. Il Pronto Soccorso interviene, perché è sull’orlo di collassare e in pericolo di vita, ma poi gli domandano: “chi sei? sai che hai rischiato la vita? dove abiti? come mai sei finito qua? la tua tessera sanitaria non c’è, cosa intendi fare? Come osi a chiederci le siringhe per l’insulina, se non hai tessera e ricette? Non vedi che non hai neppure il medico di base? …”.

Già! E’ l’evidenza, no?

L’infermiera gentile e misericordiosa sale alcune scale per parlare con un funzionario. Sul suo caso il funzionario allarga le braccia e dice che “senza residenza” non si può fare nulla.

“Devi trovare una residenza”.

–  La prego, mi sa dire dove e da chi, dato che mi trovo in questa situazione? E sto malissimo, non vede?

Silenzio assoluto.

Mario, esperto di pulizie, lavaggi e altro, trova, grazie a un amico, un lavoro a ore presso un albergo, rimasto privo di uno “sguattero”.

“Non hai la residenza, non posso assumerti”.

–  Ti prego. Dammi una mano, ospitami qua, dammi un domicilio.

“Sono già fuori legge a darti un lavoretto e farti da mangiare. Non vedi che già rischio l’azienda per te e ti tengo perché mi fai pena. Anzi stai qua il meno possibile e chiuditi nello sgabuzzino più che puoi, se no…”.

Mario arriva, non so come, anche da chi scrive.

Devo prendere atto che Mario è finito in una trappola mostruosa, un labirinto di leggi che  lo rendono un “topo di fogna”.

Sbotta.

– Sono a rischio di morire ogni giorno. Forse è il caso di pensarci e lasciarmi andare. Perché non voglio ricadere nelle cavolate fatte. Non voglio tornare indietro. Ho una dignità. Ma ora sono ridotto peggio di un rifugiato o di un immigrato, che hanno subito una trafila di persone che si occupano. Ti scongiuro, don Gigetto, dammi una mano, non so cosa fare e non ho neppure i soldi per  le siringhe e l’insulina. Non posso neppure essere assunto perché non ho residenza. Sto impazzendo, ma non voglio andare fuori di testa. Piuttosto…

Mi sto interessando al caso, con qualche avvocato amico e vicino al Programma. Ma anche gli avvocati sono in difficoltà. Perché le leggi e le regole, sono leggi e regole. Ma per chi?

Domanda diretta al Ministro degli Interni, al Ministro della Giustizia, al capo del governo Matteo Renzi, ora anche Capo dell’Europa (almeno per sei mesi).

Chi le ha fatte e perché c’è una ciurma nefasta di leggi che, con l’entrare in carcere, fanno perdere ogni diritto civile e umano a chi ha perso il domicilio?

L’Italia può dirsi un paese civile a rendere il cittadino “sovrano”, che ammette di aver sbagliato, un apolide, anzi uno scarto, o meglio un topo da fogna, costretto a nascondersi? Nascondersi pure a chi potrebbe dargli lavoro, ma non glielo può dare, perché l’ex detenuto non ha residenza, carta d’identità, non è in regola, perché …non esiste.

Rendere apolidi, scarti, topi di fogna. È questa la funzione del carcere e della Legge penale che dovrebbe, comminando la pena e pagato il danno, riabilitare la persona che ha sbagliato?

Gigetto De Bortoli