L’abuso ed il maltrattamento ai minori sono temi importanti spesso però trattati in maniera inappropriata. A volte si esagera gridando all’abuso in situazioni che invece non lo sono. Altre volte si evita di rivelarlo; si cerca di non volerne prendere visione. Spesso chi lo subisce sente un freddo interiore, si spegne la voglia di vivere e si annichilisce seppellendo sotto strati di vergogna l’umiliazione subita. L’abuso è una condizione difficile, che fa soffrire molto. Soffre anche chi non ne è direttamente toccato.

Soffrono senza saperne le ragioni quelli che vivono attorno alla vittima che possono vedere drammaticamente penalizzate le loro relazioni; soffrono quelli che sanno e non possono o non vogliono dirlo. Quante sono le madri o i padri consapevoli dell’abuso subito dal loro figliolo e trascinano il segreto come fosse la peggiore delle calamità che potevano capitare a loro. La sofferenza è tale che si considera che l’abuso ai minori sia il principale fattore favorente la formazione di disturbi emotivi e mentali. Se riuscissimo ad intercettarlo e ad eliminarlo in fretta si darebbe il più grande contributo possibile al miglioramento della qualità della vita delle nostre popolazioni. Questa sì che sarebbe una positiva campagna di strategia sanitaria: estirpare l’abuso dalla storia di crescita delle nostre giovani generazioni. Purtroppo nessun governo se la prefigge. Ma non solo non ci sono autorità che svolgano sull’abuso una seria campagna di intercettazione e rimozione ma addirittura ci sono a volte operatori, che pensano che sia preferibile non fare emergere niente specie se si parla di abusi vergognosi, quelli sessuali innanzitutto, ma anche quelli fisici. Rivelarli obbliga la vittima a sottoporsi ad interrogatori. Certuni pensano che la soluzione sia peggiore del fatto subito. Dimentica, dicono da sempre le madri impotenti ai figli ed alle figlie vittime di abuso, sperando che il tempo ricopra le ferite con l’oblio. In questo modo però si lasciano le vittime sole; nel segreto della loro intimità trascinano negli anni i dolori della ferita subita spesso perdendo fiducia negli altri ed ancor più spesso danneggiando la propria fiducia personale. Sentimenti di essere invasi ed impotenti, di vergogna ed umiliazione casomai mescolate a rabbie sorde ed acide, corrodono l’umore delle vittime. Su queste basi si formano disturbi severi che si manifestano per molto tempo anche a distanza di anni. I disturbi possono riguardare anche il corpo oltre alla mente ed alle relazioni ed i comportamenti. Ecco perché bisognerebbe comprendere che raccogliere i segnali della vittima e farli diventare narrazione è un grande sforzo terapeutico per ridare dignità e sicurezza a chi se le è viste strappare via. Ma perché le vittime possano raccontare ci vuole chi sia disposto ad ascoltare; chi non scappa davanti al dolore o si tappa le orecchie per non sentire. Questa opera di ascolto riguarda innanzitutto chi è vicino e condivide la vita con le vittime ma riguarda tutti compresi gli insegnanti e gli operatori sanitari. Che ci sia bisogno di rafforzare questa capacità non è dubbio; basta gettare un’occhiata soltanto al differenziale che c’è fra dato stimato dalla ricerca scientifica sulla diffusione del fenomeno e dato effettivamente conosciuto e subito si comprende che ogni caso noto ne ha almeno altri dieci sommersi. C’è bisogno di una grande lavoro innanzitutto culturale per sensibilizzare gli educatori e gli operatori e per incoraggiarli ad affrontare temi scomodi e dolorosi ma essenziali per la protezione della salute mentale e relazionale delle nostre popolazioni. L’abuso è cosi diffuso da dovere essere tenuto presente come ipotesi da esplorare ogniqualvolta emerga un segnale od un sintomo insolito per la storia di quel minore. Lo sforzo in questione è grande e difficile, basti pensare che NICE, l’istituto internazionale che si occupa dell’eccellenza delle pratiche sociali e sanitarie, ha diffuso una linea guida rivolta ai professionisti della salute affinché dispongano di un riepilogo delle caratteristiche cliniche associate al maltrattamento sui minori. Sono presentati gli elementi di allerta che possono essere osservati quando un bambino si presenta agli operatori sanitari. Lo scopo della linea-guida è quello di sensibilizzare e aiutare i sanitari che non sono specialisti nella protezione dei bambini per identificare i bambini che potrebbero essere in corso di maltrattamento. Si suppone che i pediatri e gli psicologi dell’infanzia ne sappiano anche di più. Infatti viene ben chiarito che in una prima fase, quella più di frontiera che potrebbe riguardare ad esempio un dentista, un medico vaccinatore o un professore di ginnastica o di un’altra materia o chiunque altro abbia a che fare con il bambino, bambina, ragazzo o ragazza, non si concentra su come diagnosticare, confermare o smentire il maltrattamento sui minori. Indica solo, si fa per dire, quando ci si deve allertare. La linea guida si rivolge a tutti coloro i quali hanno a che fare con un minore. I bambini possono presentare sia sintomi o segni che hanno le caratteristiche di uno o più tipi di maltrattamenti fisici o psichici; a volte i maltrattamenti possono essere osservati nelle interazioni fra un genitore o un accompagnatore ed il figlio. E’ sempre bene avere la successione di momenti in cui si può parlare col minore da solo e momenti in cui si osserva la sua interazione con l’adulto che lo accompagna.

di Umberto Nizzoli