È uno strano 8 marzo per noi: non solo un 8 marzo di commemorazione per le 129 donne morte in una fabbrica americana più di un secolo fa;  non è la festa delle mimose e delle cene al femminile, ma è una celebrazione.

Perché oggi inauguriamo una nuova struttura;  una struttura, sinceramente, che ci piacerebbe chiudere al più presto,  perché ciò significherebbe l’eliminazione della violenza di genere;  significherebbe che su nessuna donna esiste più  una violenza psicologica, fisica, sessuale, economica.

 

Centro Antiviolenza per donne

 

Questo è il luogo, l’altrove che ci piacerebbe inaugurare!

Da “Mondo Rosa” vogliamo dar linfa ad un percorso che, partendo dalle donne e dal loro vissuto, cambi profondamente le strutture culturali, sociali, politiche ed economiche.

Questa struttura sarà una casa, non nascosta ma protetta, aperta 24 ore al giorno ed identificabile, e  difesa dalla presenza di altre donne e dalle relazioni forti di esse con le donne delle istituzioni sul territorio.

È una struttura aperta perché, da qui, le donne accolte potranno uscire per “invadere” strade, scuole, parrocchie, aule istituzionali, per contrastare e sconfiggere una violenza che attraversa territori e strati sociali, etnie e religioni.

È una struttura aperta  perché,  quello che ci fa più paura,  non è tanto il numero delle statistiche sulla violenza di genere e sul femminicidio, ma immaginare  il numero spaventoso della violenza sommersa. Per quello dobbiamo essere aperti e visibili, segno e presenza,  perché tante altre donne, anche con i loro bambini, possano trovare il coraggio di denunciare e la forza di ricominciare.

Non è una casa nascondiglio, il cui segreto avrebbe vita breve in un piccolo territorio come il nostro, in cui,  comunque,  non sarebbe  possibile sconfiggere la paura  e la necessità di nascondersi potrebbe durare per tutta una vita. Ecco perché la scelta di una casa, il cui indirizzo serva da richiamo a donne maltrattate e possa immediatamente esprimere percorsi diversi da quello del subire. E che possa richiamare donne che, accanto alle donne, vogliono schierarsi.

Il Centro Calabrese di Solidarietà ha da sempre lavorato sulle fragilità, occupandosi sempre di tossicodipendenza e trovando sempre che le donne tossicodipendenti soffrivano sul loro corpo e nella loro anima un “di più” di privazione di dignità; che in tutte le storie delle donne tossicodipendenti erano presenti violenze, sessuali, fisiche, psicologiche .

Questo ci ha portato a meditare lungamente e  a pensare ancora una volta di schierarci accanto ad una fragilità, convinti che anche questa fragilità può diventare motore di cambiamento della nostra società.

Sarò accanto alle donne di questo centro, non come presidente ma come uomo e come Chiesa, ma chi davvero vivrà in Mondo Rosa saranno soltanto le operatrici e le volontarie del Centro Calabrese, e ci auguriamo che altre donne entrino nel cerchio  magico della relazione di auto mutuo aiuto ..  ad esse va la mia profonda gratitudine ed il mio augurio di buon lavoro.

di Don Mimmo Battaglia – Presidente FICT