Percorsi, strade e ripercorsi … come in una passeggiata nella memoria, mi trovo ancora a percorrere le viuzze del mio piccolo paese, strade consumate di ricordi e nostalgia, di immagini di ieri e vita di oggi  … è quasi  Natale e non posso non ripensare alla gioia dei miei Natali, quando da piccolo, per queste stesse strade, nelle case, nella mia  scuola, respiravo il tepore di una vita fatta in semplicità ed accoglienza. Era un tempo umile: rivedo mio nonno raccogliere con il polpastrello dell’indice le briciole di pane sparse sulla tavola, lo sento ancora dire: “per queste ci vogliono tre chicchi di grano e non vanno perse”. Era il Natale.

Oggi, invece, mi guardo attorno sulle stesse strade e la solitudine che vivo è tanta, la respiro dappertutto, tra le case, tra la gente, per le vie neanche più addobbate a festa …. Torno a casa, nella mia stanza. C’è una luce sola, fioca, accesa ad illuminare un’immagine, quella di un crocifisso uguale a quello di S. Damiano. Solo, in silenzio, osservo quella luce, per provare a riscaldare con il suo calore  il freddo di solitudini e dolore che incontro, il gelo dei ricordi e della mia nostalgia.  Forse,per ricercare il Natale, la luce di una mangiatoia, fioca anche quella, ma capace di illuminare di speranza gli spazi ed i secoli.  “ La speranza viene  a noi  vestita di stracci, perché  le confezioniamo  un abito da festa “ …  Mi chiedo come, oggi, quella piccola luce possa illuminare e trasfigurare gli stracci delle nostre vite, delle storie che incontro, i mille volti delle persone che ogni giorno rispecchio nel mio volto, le loro fatiche, la loro speranza vestita di stracci ….   Così, nel conservare nel mio cuore questi volti, quella luce fioca si fa più intensa. Il calore di quella luce accende ancora in me la passione per la vita, per le loro vite;  quella luce  è il segno  del calore di un Dio che si coinvolge nella loro umanità, nella mia umanità,  è il Dio con noi.

Quella luce che ormai allontana il buio, fa nuove le cose, le scalda, le illumina, dona loro un nuovo colore, così come la speranza che entra nelle case, nelle storie, nei giorni delle donne e degli uomini di questo nostro tempo. Ed una ad una, rivedo una stilla di quella luce riflessa nelle lacrime che hanno rigato i singoli volti … uno ad uno li riconosco e, non posso, nel silenzio di questa stanza, non ripormi accanto alle loro vite.

Accanto a te, Francesco, che piangi perché un altro tra i tuoi amici è stato ingannato dalla tua stessa truffa, fino ad arrivare alla morte, ingannato lui da un’overdose che gli è stata fatale; a te che piangi per lui che con te si era sentito il padrone del mondo; a te che con lui avevi vissuto l’illusione della roba; a te che piangi perché non hai saputo aiutarlo, che piangi perché i suoi genitori hanno perso il secondo figlio, ingannato dall’illusione della sostanza. Accanto a te, prego perché il Dio che nasce, ti liberi dalle catene del fallimento,  ti restituisca il coraggio, e tu possa credere che dinanzi a Lui, nessuno è perduto per sempre.

In quelle tue lacrime vedo anche  la mia fragilità, e  non come un ostacolo, ma come un riflesso di quella luce che chiamo speranza. Perché il bene possibile domani vale più del male di ieri e di oggi. Buon Natale, perché gli stracci che vestono oggi la tua speranza possano mutarsi  in abiti  adatti all’impegno, al cammino, alla ricostruzione.

Accanto a te Chiara, che vivi ogni giorno come se fosse uguale ad un altro, nell’umana prigione per cui per ogni cosa, hai sempre bisogno che ci sia qualcuno accanto a te;  non hai mai detto mamma, né  papà, non hai mai avuto la possibilità di chiamare alcuno con il proprio nome, eppure con il tuo sorriso contagi  tutti … Tuo papà, testimone di questo Natale, mi dice che tu sei il dono più bello che Dio ha fatto a questa sua vita. Riponendomi accanto alla tua storia, nella quale rivedo i miei tanti limiti, colmo della mia debolezza, prego che Dio, partecipe della tua storia, si chini fino a intrecciare il suo respiro con il tuo respiro e le sue lacrime con le tue. I panni che ricoprono la sedia da cui non puoi alzarti, nemmeno per celebrare i tuoi diciotto anni appena compiuti, sono gli stracci di cui la tua speranza è abbigliata, sono i paramenti sacri da profeta  che parla con il suo sorriso e, attraverso il silenzio, con le parole mute di quel Bambino in una mangiatoia.

Da te ho imparato che gli archivi di Dio sono pieni di lacrime, raccolte una ad una,  e che  quelle lacrime sono i tesori di Dio.  Buon Natale, perché la terra del tuo respiro non si illumini più della luce oscura della nostra rabbia ma splenda del sole della speranza; il dolore, che è il luogo della nostra impotenza, non diventi mai motivo di disperazione ma abbandono fiducioso nelle mani di un Dio che nel Natale rivela il volto dell’amore.

Accanto a voi, Veronica e Claudio, che vivete oggi nell’attesa di una vita che sta per nascere, frutto del vostro amore;  sento l’emozione di un’attesa che è gioia ma anche trepidazione, memore del giorno del vostro “ si”, il giorno di una promessa che si perpetua attraverso una nuova vita che sta per venire.

Mi ripongo accanto a voi che già vi sentite coinvolti nel mistero dell’attesa, nel mistero del Natale, voi che siete il riflesso della celebrazione nuziale di Dio che prende in sposa l’umanità, e già nutrite di sogni e di amore la vostra creatura. Buon Natale, che  venga Gesù a vivere nel luogo del vostro amore, vi trovi pronti a renderlo vivo dinanzi a questo mondo, a incarnarsi ancora in tutte le nostre case, nelle nostre strade, nelle mura di questa vostra città. Dio viene come un bambino, non fa paura, si affida alle nostre mani, vive solo se qualcuno lo ama.  Gli stracci della vostra speranza siano  ancora il vostro  “ si”  a difesa della vita, a protezione della vita, per amore della vita. Ogni vita !!! Perché chi viene alla luce, illumina.

Accanto a te Romina, educatrice di questa nostra comunità, che vivi ogni giorno nella fatica di chi è in cammino, contrariata dalle mille storture che incontri nella tua giornata, affannata da un bisogno di coerenza e di semplicità;  accanto a  te, educatrice nel lavoro, madre nella vita, mi pongo e chiedo al Dio Bambino che possa darti sempre la gioia dello stupore,  lo spirito del bambino pronto a credere; tu, madre, ad imitazione del tuo piccolo William.

Gli stracci di cui la tua speranza è vestita sono gli abiti consumati nella fatica del credere ogni giorno nelle resurrezioni possibili dei nostri ragazzi, nella logorante scommessa sul futuro di chi crede che l’uomo non coincide con i suoi sbagli, che la sua vita non equivale ai suoi fallimenti, né con le sue fratture.  Sono abiti rivestiti di dignità, sono gli ornamenti di una speranza condivisa, che è dar credito all’altro, in base non al suo passato, ma al suo futuro. È la logica della rinascita in Dio, non un tribunale che emana sentenze,  né di assoluzione né di condanna, ma un grembo di madre dove si rinasce e si riparte con un cuore nuovo.  Buon Natale a te, perché sai bene che la speranza è un passo in più. Un metro in più. Andare un po’ oltre. E’ la bellezza del Figlio di Dio  quando dice: d’ora in avanti và, e non arrenderti, non tornare indietro.

Accanto a voi, fratelli e sorelle, raccolgo come mio nonno, briciole di dignità, di fatica, di speranza: per queste ci vogliono diversi chicchi di grano. Anche Betlemme vuol dire “terra del pane”: per arrivare ad essere pane c’è un lungo cammino da compiere, un lavoro duro in cui si eliminano cortecce, involucri e gusci protettivi finchè non appaia il buono nascosto di ogni cuore. Spiga dentro la paglia, chicco dentro la spiga, farina dentro il chicco. Al buono di ciascuno Dio arriverà!  E  davanti a quella luce scopro che la speranza cambia nome e diventa perseveranza, coraggio, resistenza. Dopo che avrò toccato quel crocifisso, posta ai suoi piedi la mia preghiera, costruita sulle speranze dei miei ragazzi e della gente che incontro, voglio tendere la mano a tutti, certo che nessuno tirerà la sua indietro.  Buon Natale.

Sac. Mimmo Battaglia – Presidente FICT