Che differenza tra il bimbo nella culla del Natale appena passato e quell’altro bimbo, appena un po’ più grande, carbonizzato in un’auto.
La commozione provata dinanzi a quella grotta ha lasciato posto ad uno spazio abitato da un orrore in cui è difficile trovare parole. Penso alla strage degli innocenti … subito dopo il Natale. Un potere inumano minacciato dall’innocenza che ancora una volta utilizza la sua arma più criminale per affermarsi: la violenza, l’annientamento, la negazione di ogni possibilità di una vita appena iniziata.
Che differenza tra il calore tra le braccia di Maria ed calore orrendo di un fuoco che ti brucia la pelle, e l’orrore diventa pensiero, diventa voler sperare che il piccolo sia morto prima di essere bruciato, che almeno gli sia stato risparmiato quell’ultimo tremendo dolore.
Innocente: una parola che ci torna nella testa. Ma perché la mafia si fa scudo di innocenti ed uccide innocenti? Perché l’innocenza di un bambino deve diventare lo scudo di un nonno che l’innocenza l’ha perduta molti anni fa , e perché quella stessa innocenza non ferma gli assassini?
Il dolore innocente ci interroga sempre, anche quando è inevitabile come nelle malattie … ma il dolore innocente causato da mano di uomo ci lascia senza parole, senza speranze, ci lascia soli in un mare in tempesta di emozioni negative che non possiamo e non sappiamo dominare. Ogni speranza viene annullata. Rischi di sentire inutile ogni battaglia che stai facendo.
Nicola, figlio di una madre e di un padre in carcere, Nicola figlio di un’intera terra. Figlio delle nostre colpe, della nostra inadeguatezza a prenderci cura di noi, del nostro futuro, di territori spogliati di presenze significative, lasciati in balia del dolore, dei piccoli quotidiani orrori che poi all’improvviso esplodono in tutta la loro terribile enormità. Figlio di un terra violentata da interessi, disattenzione, fatalismo, impotenza, potere … di una terra che oggi non può fare altro che piangere su questo figlio perduto e su se stessa.
Nicola non ci sarà più restituito, e ci piace pensare che stia nelle braccia materne di Dio. A noi, custodito l’orrore, resta solo il fatto di poterci prendere cura di altri bambini, degli altri figli di questa nostra terra.
Sapendo che è inutile scrivere “che non accada mai più”, sappiamo solo che dobbiamo moltiplicare gli sforzi per rendere più umana la nostra umanità e più civile la nostra civiltà. Per fare questo, quello che ci resta è solo la volontà, la convinzione che non può finire così, il bisogno di non cedere alla resa, di non rendere anche la nostra volontà vittima della mafia, di non concedere a questo orrore la caduta verticale di ogni speranza.
Ritroveremo la parola, la forza, il coraggio per combattere la nostra battaglia di umanità. La speranza smarrita oggi la ritroveremo, nemmeno troppo nascosta, sulla strada del nostro camminare quotidiano, nella nostra fatica, nelle resurrezioni inattese dei nostri ragazzi. A loro, ai loro bambini, a tutti i bambini, dobbiamo lo sforzo di vita delle nostre volontà.
Non lasciamoci andare alla parola purtroppo chiave della nostra terra :“oramai”. Aggrappiamoci invece a un’altra parola: “non ancora”. Su questa costruiamo la nostra prassi quotidiana. È il “non ancora” la strada lunga e difficile di una speranza che ci deve vedere sempre testimoni attivi e credibili.