Scrivo a te,

per quella paura sul tuo volto, nelle tue parole, nel tremare della tua voce. Una paura che quasi ti trascende, incarnando in te le paure e le ansie di questo mondo e di questo tempo.

Paura del domani, di un futuro che non riesci più nemmeno ad immaginare, accecato come sei dalla paura per il tuo oggi. Perché è oggi che non riesci a trovare un senso, è oggi che non riesci a  capire, orientarti, sperare. Hai paura di non farcela;  paura di guardare in faccia il tuo domani, le persone che ami, di non trovare le parole con cui spiegarti, i sogni verso cui andare, le ali che ti farebbero volare. I valori che hai avuto in eredità dal tuo passato non li ritrovi più.

 

 

Hai paura  anche degli altri, soprattutto  di questa politica sorda che non sa o non vuole rispondere al tuo bisogno.

E hai paura di dirti che sei diventato povero;  è una parola che fa male e dà i brividi; hai perso le tue sicurezze ed, a fatica,  rivedi la luce nel tuo domani. È una paura che ti paralizza e   ti  isola, ti fa sentire solo.   Vivi come in un ergastolo interiore, schiacciato dai sensi di colpa, per i tuoi errori passati, per i tuoi sbagli d’amore.

Quante volte anch’io sono morto. Quante volte mi sono addormentato. Finita la voglia di amare, forse anche la voglia di vivere. E  anche io mi dicevo, in qualche oscura grotta dell’anima: non mi interessa più niente. Niente ha   più senso. Non ce la faccio più!

Ed è  per questo che voglio scriverti e parlarti di un’espressione del Vangelo che mi ha colpito molto in questi giorni: “Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio”.

Buio su tutta la terra,  buio nella tua vita. La paura, il dolore, quella speranza che muore. Ma è nel buio l’incipit della Pasqua, di ogni resurrezione. Perché la Bella Notizia è questa: buio dovunque ma a tempo determinato! Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio, tre ore di buio pesto ma dopo ritorna il sole. Per primo ritorna il tramonto di un dolore, il crepuscolo degli addii, le luci soffuse del pianto e della consolazione, ma lentamente, strappando un varco di luce nel nero della notte, torna caldo  il sole del mattino: e allora la luce tenue della speranza e dell’aurora si trasfigura nell’abbaglio accecante di un annuncio “il crocifisso è risorto, non è qui”. Risorto, non guarito o rianimato.

Quella luce annuncia la vita che esce dal buio. La vita, con le sue gioie ed i suoi dolori, col chiaroscuro delle sue ombre, con l’evidenza delle sue ferite nel solco delle nostre cicatrici, la vita. La tua vita. Quella vita, in cui oggi è buio, ma a tempo determinato, vuole dirti che c’è un argine al dolore,  ad ogni sofferenza.  Si fece buio su tutta la terra da mezzogiorno fino alle tre, è una notazione temporale che ha il potere di riempirmi di speranza: perché dice che è fissato un limite alla tenebra: tre ore può infierire, ma non andrà oltre, poi il sole ritorna.

Così fu in quel giorno, così sarà anche nei  giorni della nostra angoscia. E questa luce illumina e dona un volto nuovo anche  alle nostre croci: «Se sei Dio, fai un miraco¬lo, conquistaci, imponiti, scendi dalla croce, allora crederemo». Solo  un Dio non scen¬de dalla croce, solo il no¬stro Dio. Perché i suoi figli non ne possono scendere. Solo la croce toglie ogni dubbio, non c’è inganno sulla croce.

Ecco la Pasqua: croce e luce. Ecco la tua, la nostra Pasqua.

Un seme ha cominciato a germogliare, non so da dove, non  so perché. Una pietra si è mossa, è entrato un raggio di sole, un grido di amico ha percorso il silenzio, lacrime hanno bagnato il mio cuore. La resurrezione, ogni resurrezione, è possibile per le lacrime di Dio. Perché Pasqua è la festa dei macigni rotolati via dall’imboccatura del cuore e dell’anima.

Il Risorto ha riacceso la fiamma delle cose, ha fatto risplendere l’amore, ha dato splendore agli incontri e bellezza alle vite, ha dato sogni nuovi.

Ed è per questo che io in te credo ancora, perché tu non sei il tuo errore; non appartieni  più al tuo passato, ma al tuo futuro, ai semi che verranno seminati, alle persone che verranno amate, ai progetti da realizzare.

Ed è Pasqua se riusciamo a raccontare di una mano, di un cuore amorevole che ci prende in braccio e, per la prima volta, ci sentiamo amati per quello che siamo, fino a perdonarci ogni errore, sciogliendo ogni ferita, ogni dolore. In questa Pasqua, ti auguro che ciò che sta dietro non importi più, ma che  importi solo tutto il bene possibile oggi, domani.

”Credo nel sole anche quando non splende, credo nell’amore anche quando non lo sento, credo in Dio anche quando tace”. Parole scritte dalla mano e dal cuore di un ebreo perseguitato dal nazismo, scritte nel buio di una cantina, in un rifugio dove la speranza aiutava a fare il passo successivo, a costruire l’aurora, pur se Dio sembrava tacesse. A te, fratello mio, dico che anche il silenzio di Dio può essere un dono per noi uomini, per la tua vita, impegno a liberarsi e a  liberare, invito forte e severo a ritrovare la pace, a riscoprire la giustizia, a trasformare la storia.

Gesù risorto  apre le porte delle nostre prigioni, smonta i patiboli su cui spesso trasciniamo noi stessi e gli altri. Sa bene che solo uomini e donne liberati  e  perdonati possono dare ai fratelli libertà e perdono.  Allora và, muoviti, vai verso il nuovo, e porta lo stesso amore, lo stesso perdono, a chiunque incontri

Dai il tuo contributo alla comune speranza di chi non si rassegna a essere spogliato del diritto di offrire agli altri i propri sogni, la propria fatica o quella parola che gli scoppia dentro.

L’intera esistenza altro non  è che la gioia e la fatica di liberare tutta la luce sepolta in noi.

Malgrado tutti i diluvi di sopraffazione e di  stermino, anche tra il cemento i fiori continueranno a sbocciare e sulla terra resterà sempre un gabbiano a ricordarci che la vita c’è e continua, e che Dio non si è ancora stancato degli uomini. E beati  coloro   che hanno il coraggio di essere ingenuamente luminosi nello sguardo, nel giudizio, nel sorriso.

Io credo nella primavera dei cuori, l’unica che non è questione di clima o di stagioni. La primavera dei cuori è un’operazione ardita: ogni margherita, per sorridere lì, in mezzo al prato, contenta dei suoi colori, ha dovuto attraversare notti e deserti, ha  dovuto ingaggiare battaglie senza pietà. La primavera dei cuori libera le possibilità. Per guarire non c’è niente come perdere la propria vita di sempre, quella con lo stesso volto di sempre, scommettendo sulla novità che ci abita, sulla virtù degli inizi. Fiorire, dunque. Fiorire è profonda responsabilità.

È questo il mio augurio per te ed anche per me, buona Pasqua.

Don Mimmo Battaglia – Presidente FICT