Kevin, ha circa 13 anni, forse di più, un’età a prima vista indefinibile che lo rende diverso da ogni altro suo coetaneo, goffo nei movimenti, lento nel pensiero e nelle parole. Kevin parla poco e male, non gioca a pallone, non ha una ragazza, non fa le stesse cose dei suoi coetanei. Ogni domenica è sempre accanto a me, sull’altare, mi fa da chierichetto e mi imita in tutti i movimenti.

All’inizio,  la  presenza sull’altare di questo ragazzone che non stava mai fermo, che mi abbracciava, che alzava il calice, ha focalizzato l’ attenzione della gente del mio piccolo paese, che gli puntava sguardi colmi di imbarazzo misto a un lieve disagio. Ma, col passare del tempo, settimana dopo settimana, Kevin, con la sua impulsività fresca e fanciullesca , è riuscito ad attirare sguardi carichi di tolleranza, di comprensione, di accettazione e condivisione. Era proprio questo ciò’ che avvertivo nell’ aria, era ciò che sentivo.

Kevin, il diverso, era diventato fulcro della celebrazione più solenne della cristianità: quella di un popolo che fa comunione. In quel breve ma significativo ed intenso momento vissuto nel mio paese, si racchiude  una storia  più grande, con un respiro universale, con una portata profetica e, forse, politica: la pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo, e  mi invita a condividere delle riflessioni.

Noi ne conosciamo tante di pietre scartate, le abbiamo ben catalogate oramai: abbiamo i diversamente abili, i carcerati, gli anziani, i tossicodipendenti … le pietre scartate, o per malizia altrui o per debolezza personale, rappresentano il punto in cui la nostra esigenza della costruzione di una società umana e razionale fa fallimento. Dovunque c’è l’uomo non efficiente, non dotato, rimesso totalmente, piedi e mani, alla benevolenza altrui. Ci sono gli scartati.

In questo versante c’è anche Gesù di Nazareth, che è stato una pietra scartata con tutti i sigilli: nessuno è più scartato di un condannato a morte e ad una morte infame.  Eppure, nel metodo evangelico, il punto di partenza non è mai quello dei catechismi: Chi è Dio? È l’essere Perfettissimo, Creatore e Signore di tutte le cose … ma è l’atteggiamento di fronte all’uomo scartato.

Quindi, chiunque vuol costruire ad ogni costo, uno stato perfetto, è un potenziale delinquente, perché avrà il compasso in mano e quel che non rientra nel compasso sarà tagliato. Così è avvenuto sempre. Quando Pietro deve dare inizio all’annuncio che Gesù, lo scartato, è stato liberato da morte, lo fa guarendo lo storpio, per manifestare questa nuova signoria nata per decisione di Dio, in cui lo scartato, la pietra scartata, è diventata pietra angolare, punto fulcrale di sostegno.

È dall’amore per gli scartati che nasce la capacità di guardare dall’altra parte, di guardare verso Dio. È questo il senso della nostra fede, che ci dice che seguire il Cristo è cambiare direzione al nostro sguardo, volgendolo con amore e compartecipazione all’uomo scartato, e con sdegno evangelico alle cause che hanno generato il gesto dello scartare. La  cruna d’ago attraverso cui passare per parlare di Dio è l’uomo scartato. Gesù dà la vita per gli scartati e ha dato a tutti gli scartati del mondo, il senso della propria dignità e di un futuro del mondo che appartiene a loro. Li ha chiamati beati perché il mondo è consegnato a loro secondo il disegno di Dio. Ed è questo che rende Gesù un uomo perennemente scartato.

Noi siamo costretti a vivere un tale rapporto con la totalità degli avvenimenti umani che, ogni giorno, il grido degli scartati ci viene addosso e spegne le candele, toglie le tovaglie dagli altari e rende ridicoli i nostri riti.  Viviamo in una condizione strutturale di illegittimità. Sentiamo che tutti i nostri discorsi sulla giustizia sono troppo interni al mondo degli scartatori di pietre. Siamo nel mondo dei costruttori e  alle spalle abbiamo mucchi di pietre scartate che ormai sono  montagne. È così che siamo scossi nella nostra coscienza e richiamati a prendere posizione dinanzi a Dio e dinanzi all’uomo, secondo la misura che Gesù ha rappresentato ed annunciato.

Così, torniamo a Kevin. Un volto,  gli occhi dolcissimi … bellissimi! Ogni volta che lo incontro e gli regalo una carezza, il suo sguardo si illumina,  mi arriva dal suo essere  una musicalità, un alito di vita, un dono. È il Vangelo tradotto in carezze infinite, questo linguaggio degli amori incredibili. È la pietra scartata divenuta perno, è la speranza, orizzonte di senso, che annuncia la vittoria sul buio, sul male, sull’ingiustizia, è il Crocifisso Risorto, manifestatosi in tutta la sua gloria e le sue ferite.

Perché è soprattutto attraverso le ferite dell’altro, specchio delle mie ferite, che  posso scorgere la luce che indica la strada. Neanche Gesù ha voluto nascondere le Sue . Sono piaghe che non ci saremmo aspettati, convinti magari che la resurrezione le avrebbe rimarginate, cancellate per sempre. Invece no! le piaghe restano, per sempre. Ed è proprio a causa di quelle che Cristo è stato resuscitato. L’amore ha scritto la sua storia sul corpo del Nazareno con la scrittura delle ferite: amore incancellabile, ferite incancellabili, ma luminose: dalle piaghe del risorto non sgorga più sangue, ma luce; le ferite non sfigurano, ma trasfigurano. Il cuore ferito con le sue cicatrici, può diventare più capace di amore e di guarigione, possiamo tutti diventare dei guaritori feriti. Proprio attraverso quelle ferite che ci parevano colpi duri o insensati della vita, diventiamo capaci di comprendere altri, di venire in aiuto ad altri, nell’attraversare le stesse tempeste. La nostra debolezza allora non è un ostacolo, ma una risorsa per meglio venire in aiuto ad altri. La debolezza non è più un limite, ma si trasfigura in opportunità. La pietra scartata in noi diventa pietra angolare.

Non ci sono parole.   Oggi come allora …  oggi come allora è  il tempo  dei frutti maturi.

Signore Gesù,  con il tuo forte e maestro silenzio e mai indifferente   davanti all’ uomo che ti uccide cento  mille volte con la sua testardaggine nel perseverare l’ indifferenza

fa  germogliare in noi  i frutti  odorosi di compassione e accettazione innocente dell’ altro, chiunque egli sia e ovunque  si trovi.

Che la ricerca di sguardi diversi,  ammalati o sani , afflitti o sfiduciati,   non si spenga mai

e così  pure la sete  di giustizia

perché nessuno possa  gustare  l’ amaro  del sentirsi  fuori posto , emarginato, scartato

fra gli amici e fra i nemici, in famiglia e a scuola,

per strada e nelle comunità;

non abbandonarci negli errori e nei fuori luogo … noi siamo così  imperfetti!

Fa  che ci accompagni il bisogno di vivere la nostra vita  riparando alle mancanze … lo facciamo … lo possiamo fare.

Accarezzaci con quelle mani  ferite affinché  possiamo ricordare e mai dimenticare la sofferenza, il sacrificio ,il dolore,  il prezzo che si paga per  un atto d’ amore, di tenerezza, di accoglienza …

Per ricordare e mai dimenticare  di come, insieme,  possiamo sollevarti  nella dura salita,  è poco, ma lo  vogliamo fare,

per  ricordare e mai dimenticare il Tuo essere modello  di infinita   Misericordia,  di vita donata a tutti e con lo stesso peso, il medesimo valore, le stesse peculiarità, le  identiche opportunità … è tanto, si, ma  per il quale basterebbe  quel poco in più di impegno , di tolleranza, di   bisogno profondo di vivere l’ altro oltre che noi stessi con un significato nuovo e di senso.

Abbracciaci per nascondere tra i lembi della tua pelle sacrificata i volti  pentiti,    insieme ai volti dei tanti Kevin che, finalmente, rassicurati e incantati,  con speranza,  guardano e  scoprono   il loro futuro.

Fa  che  la dignità  di noi uomini faccia da scudo per ogni  colpo  inaspettato di chi non  sa lottare per appropriarsene  o restituirla.

Guardaci come solo Tu sai fare e donaci in ogni attimo la forza della carità, unico mezzo per poter  scoprire la ricchezza di stare con TE e amare TE nell’altro diverso da me.

SANTA  RESURREZIONE

di Sac. Mimmo Battaglia