S’intitola “Doppie Diagnosi in comunità terapeutica” il saggio a cura di Donatella Peroni (assistente sociale Fict-La Ricerca) e Massimo Clerici (professore associato di psichiatria presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca e presidente della Società Italiana di Psichiatria delle Dipendenze e dell’Associazione Ricerche sulla Schizofrenia – World Psychiatric Association) che l’editrice Franco Angeli pubblica nell’ambito della collana “Dipendenze: strumenti/laboratorio”, uno spazio di riflessione voluto per favorire confronti e trasversalità disciplinare tra medici, psichiatri, psicologi, assistenti sociali, educatori, tecnici della riabilitazione, (ma anche tra istituzioni, servizi e singoli operatori) sulle metodologie e tecniche di cura dei diversi aspetti delle Dipendenze.

Recupero della persona e nuove sfide della Doppia-Diagnosi

La storia di un’evoluzione terapeutica che insegna. Rivolto a operatori sociali e sanitari, psicologi clinici, psicoterapeuti e insegnanti, il saggio ha una peculiarità: accanto agli interventi “tecnici” sulla doppia-diagnosi, raccoglie testimonianze di esperienza quotidiana in una comunità terapeutica, casa “Emmaus” di Piacenza, nata nei primi anni Novanta come esperienza-pilota di accoglienza e cura delle persone con complicanze psichiatriche associate alla dipendenza da sostanze e da alcol, sicuramente “diversa” e, quindi, per molti aspetti rivoluzionaria rispetto alle comunità tradizionali. E come tale capace di incidere sull’intero sistema della residenzialità e cura delle dipendenze, come ha dimostrato nei quindici anni di percorso evolutivo innescato col suo nascere nel 1998 e che ha sempre visto in prima linea l’associazione “La Ricerca” (aderente fin dall’inizio, primi anni Ottanta, al metodo terapeutico “Progetto Uomo” e alla Federazione italiana comunità terapeutiche) con un fermo “sì” alla richiesta dei Servizi territoriali di dare una risposta strutturata al problema allora emergente: quello del moltiplicarsi di casi di comorbilità psichiatrica tra i soggetti con problematiche di tossicodipendenza. Allora incaricata di avviare la nuova comunità, Donatella Peroni dell’associazione “La Ricerca”, ad oggi coordinatrice della rete tematica residenziale Fict. Da molti anni la dott.ssa Peroni si occupa dell’organizzazione e gestione delle strutture residenziali per persone con problemi di dipendenza e, in particolare, si è occupata della problematica delle situazioni complesse tra cui la doppia diagnosi nelle comunità terapeutiche.

Perché “scrivere l’agire” e farne un libro? “Era necessario – spiega – sancire un modello di intervento residenziale più adeguato ai mutamenti avvenuti nel mondo delle dipendenze, e nel contempo, offrire l’opportunità di aprire un dibattito tra addetti ai lavori su un piano più propriamente esperienziale. Bisognava definire quello che è stato fatto, quale ruolo ricopre un modello di intervento come il nostro dentro l’attuale Sistema dei Servizi, scriverlo e riflettere, dire in sostanza: noi siamo arrivati fin qui. Questo è il modello che riteniamo utile per le persone che incontriamo nel nostro lavoro di accoglienza, assistenza e cura, persone che hanno un disturbo psichiatrico associato all’uso di sostanze. E da qui partire per poi stimolare un confronto sulle questioni pratiche, soprattutto fra le diverse esperienze che si occupano di comorbilità psichiatrica in Italia, perché in questo campo si rischia troppo spesso di avvicinare la questione in modo esclusivamente teorico e speculativo, politico e ideologico. E’ solo dal confronto “tecnico” sulle esperienze che si arriva a capire quale possa essere il modo di lavorare più aderente alle esigenze degli utenti e, più in generale, delle persone che soffrono a diverso livello. Se ci si mette insieme, Pubblico e Privato e tra professionalità diverse, si può riuscire a fare un ottimo lavoro pur con le risorse limitate di cui disponiamo ora”.

Capitoli suddivisi per aree di competenza: dall’educativa alla psichiatrica. L’esperienza della Comunità terapeutica Emmaus, il cui progetto ha coinvolto fin dall’inizio operatori provenienti dai più diversi contesti del Servizio pubblico (DSM, SerT, Università) e del Privato sociale (Associazione “La ricerca” ONLUS, rete Fict – Federazione Italiana delle Comunità Terapeutiche), offre, al lettore, un quadro il più possibile dettagliato dell’approccio integrato sperimentato negli ultimi quindici anni a partire dal difficile ruolo delle specifiche figure professionali impegnate nell’operatività quotidiana, dei loro compiti e delle tecniche di trattamento impiegate.  Il libro la racconta in capitoli suddivisi in base alle aree di competenza del percorso terapeutico: educativa, psicologica e psicoterapeutica, psichiatrica e area familiare. Ciascun professionista che interviene scrive che cosa fa, perché lo fa e come lo fa e come interagisce con le altre figure professionali. Emerge molto chiaramente anche il coinvolgimento degli ospiti della comunità e delle famiglie, ospiti come co-protagonisti delle scelte terapeutiche e della gestione della comunità.

Mantenere sempre aperta una strada di recupero della persona. “Che – dire – conclude nell’introduzione il prof. Clerici – sono passati 16 anni dalla nascita di Emmaus e questo programma continua il suo lavoro: il progetto si è fortemente evoluto ed ha saputo completamente rigenerarsi in relazione non solo ai frequenti cambiamenti dell’utenza, ma anche a quelli derivanti dalla processualità altrettanto autorigenerantesi del Servizio Pubblico o dalle nuove richieste dei pazienti e delle loro famiglie. La base rimane la stessa, ma il setting si è progressivamente arricchito di nuove proposte e di ruoli professionali che hanno visto, a loro volta, un crescendo di nuovi stimoli e di nuove opportunità. Il futuro si apre e ci spinge a nuove sfide, nuovi pensieri e nuovi traguardi perché questa struttura terapeutica sia un vero e proprio spazio di cura e di accompagnamento della persona soprattutto a partire dalla sua capacità di ri-dimensionarsi, nel senso di ricollocarsi continuamente per trovare dimensioni nuove, per mantenere sempre aperta una strada coerente con i bisogni terapeutici ed assistenziali di chi soffre”.

di Tiziana Pisati