Riprendiamo il discorso sulla Giustizia Riparativa, anzi meglio dire non lo abbandoniamo perché siamo ancora più fermamente convinti della sua efficacia nel sistema Giustizia.
La Commissione Giustizia esamina in questi giorni la relazione Lattanzi che dedica un capitolo alla Giustizia Riparativa declinandola come un approccio costruttivo, inclusivo, volto alla riparazione dell’offesa senza perdite di sicurezza.
L’affermazione potrebbe destare perplessità nelle fazioni, mai sopite, dalle quali il nostro Paese è Governato. Le larghe intese si potrebbero riconoscere proprio in un sistema che faccia della mediazione – e non del compromesso – un nuovo modo di governare.
Amministrare la Giustizia garantendo la sicurezza e, allo stesso tempo un reale e costruttivo progetto di inclusione sociale, rappresenta un vertice di benessere auspicabile e complesso.
Ma la complessità non deve essere vissuta come un ostacolo, bensì solo un obiettivo nobile da raggiungere.
Mi sento di affermare che non solo l’amministrazione della Giustizia dovrebbe riposare su questo assunto, qualunque altro capitolo dovrebbe essere frutto di una mediazione.
Il Ministro Cartabia continua a ripetere il leitmotiv circa l’opportunità di adottare un sistema per il quale i tempi sono maturi: a mio avviso, la maturità deriva da anni di studio a livello internazionale e nazionale, e dalla presa di coscienza del Terzo settore di offrire una sponda importante per la realizzazione di un sistema equilibrato.
Per la prima volta assistiamo ad uno Stato che si occupa di “relazioni” e non vive il reato come un’offesa alla centralità dello stesso. La pretesa punitiva, certamente non abiurata, si contempera nel gioco complesso della relazione tra le persone che compongono lo Stato, che non è più un’entità astratta.
Lo Stato si identifica con la collettività, con l’insieme degli individui e dei rapporti tra essi intercorrenti, e risponde in modo da “mettere a posto” le fratture che si sono determinate senza agire una mera vendetta.
La relazione in esame si propone di fare tesoro della Direttiva Europea, ma anche di disciplinare la formazione degli operatori pubblici e privati sulla giustizia riparativa. Dubito che non si tenga conto che per il conseguimento di questo obiettivo alto siano necessari fondi dedicati che permettano anche alle realtà senza scopo di lucro di allinearsi e rappresentare un elemento di forte complementarità.
Ma il principio direttivo che più mi affascina è la realizzazione di Servizi di Giustizia riparativa. Il principio sorge proprio sul pensiero che il Terzo Settore esprime da tempo e per cui si sta organizzando.
La Federazione, che da tempo partecipa ai lavori del Forum del Terzo Settore sul tema legato alle persone private della libertà personale, condivide l’affermazione secondo la quale la soluzione giudiziale dei conflitti non sia esclusiva e si possano percorrere strade alternative ed integrate. Ciò può avvenire anche attraverso un modello che persegue il rispetto della norma, non solo attraverso l’accoglienza di persone gravate da condanne ai fini dell’espiazione in misura alternativa
La Federazione Italiana delle Comunità Terapeutiche apre un nuovo scenario sulla giustizia penale che coinvolge la cittadinanza, proprio in virtù del radicamento sui territori. Da sempre è chiamata ad una forma significativa di prevenzione del crimine attraverso la cura e la risocializzazione del soggetto affetto da dipendenza.
La rispondenza fiduciaria richiede la trasparenza comunicativa, fattore mai sottovalutato dalla filosofia di Progetto Uomo, che incoraggia le persone a diventarne artefici del proprio funzionamento relazionale in quanto portatici di risorse e capaci di governare i propri livelli di benessere in interazione con il proprio ambiente di vita
Le porta a perseguire il benessere è quello stato di soddisfazione personale a cui le persone tendono attraverso variabili cognitive, comportamentali, sociali personali ed emotive.
In questo modo risponde alla richiesta sociale di sicurezza intesa come obiettivo prioritario di benessere e qualità della vita.
Bisogna affermare che la Comunità rappresenta il luogo nel quale si possono promuovere stili di vita e di relazioni orientati al benessere della persona e della collettività e alla pace.
Prendendo le mosse dal lavoro dei Centri sulla “persona” e “sulla relazione” occorre creare una sensibilità degli operatori al tema della riparazione perché insita, fin dall’inizio, nel “progetto Uomo”
Il lavoro dei centri nei confronti di soggetti che hanno agiti delittuosi/illegali si basa sulla “consapevolezza” della “rottura del patto sociale”
I Centri della Federazione sono chiamati ad affermare sul territorio l’inclusione di soggetti svantaggiati a seguito dell’impatto con il mondo della dipendenza o altre marginalità attraverso la cura e la responsabilizzazione. Sono chiamati, altresì, ad essere agenzia di rigenerazione delle fratture sociali per la creazione di benessere.
Rileggendo i criteri direttivi indicati dalla relazione alla Commissione Giustizia, rilevo come siano pienamente coincidenti con quelli che i centri della Federazione portano avanti da molti anni.
Nella relazione, infatti, si legge come sia contemplato il diritto di una più ampia partecipazione rispetto ai programmi di Giustizia Riparativa.
La Federazione partecipa!

di avv. Marco Cafiero, Consulente Nazionale F.I.C.T.