Affrontare il tema della Giustizia Riparativa con riferimento ai Minori rappresenta un momento formativo importante per la collettività, non soltanto per il mondo degli educatori, finalizzato all’affermazione della cultura della mediazione dei conflitti specie quelli determinati dalla commissione di un reato.
Viviamo all’interno di un contesto sociale che vede nel conflitto la modalità di esprimere le istanze personali a discapito di quelle altrui. La rottura del patto sociale, dunque, diventa un terreno fertile per le rivendicazioni in cui la richiesta di giustizia manifesta pulsioni di vendetta. Lasciare che sia un terzo autorevole a dirimere le controversie rappresenta una delega che quasi mai soddisfa le esigenze di chi si sente colpito.
Una particolare attenzione è riservata all’applicazione dei programmi di Giustizia riparativa in campo minorile, da un lato perché diverse sperimentazioni efficaci si sono realizzate nel tempo in virtù della finalità educativa che il processo minorile ha stabilito fin dagli esordi del DPR n. 448 del 1988 con la formulazione dell’art. 28, dall’altro perché nel nuovo secolo si è visto il sorgere di agenzie di mediazione penale che, utilizzando tecniche avvalorate da studi approfonditi, hanno sperimentato la composizione dei conflitti pur in assenza di una specifica normativa di riferimento.
Da tempo gli operatori del settore, sia istituzionali che privati, invocano la regolamentazione normativa di queste procedure affinché non fossero lasciate solo alla timida discrezionalità del giudice sensibile.
Utilizzo la parola “timide” perché alcuni giudici minorili, sia pure attratti dall’importanza della mediazione penale, si sono trovati con le mani legate proprio dall’assenza di una norma che consentisse loro di imporre un percorso mediatorio quale prescrizione, o quanto meno come opportunità.
La proposta di legge n 2449 presentata da alcuni deputati il 26 marzo 2020 sembra venire incontro a questa esigenza rendendo fruibile in modo formale un percorso riparatorio che favorisca l’incontro tra la vittima e l’autore di reato minore.
L’articolazione tiene contro di tutte quelle cautele frutto degli studi citati che vedono nella mediazione un “luogo protetto” di dialogo e relazione, sufficientemente garantito nella riservatezza e scevro da futuri pregiudizi giudiziari.
La normativa non inventa nulla che non sia già stato affermato dalle dissertazioni e dalle esperienze sul campo, ma nulla di quanto già il Forum del Terzo Settore non abbia declinato nei simposi dedicati. La proposta intende sancire una prassi che offra all’organo della Magistratura minorile, inquirente e giudicante, la possibilità di avviare percorsi riparatori senza pregiudicare l’eventuale giudizio a seguito di un esito negativo della mediazione, se mai utilizzarne quello positivo a vantaggio della crescita del minore.
Partendo dalle esperienze di giustizia minorile che, nell’ottica della valenza educativa, da anni stimola momenti di mediazione tra autore e vittima di reato, possiamo sostenere che la composizione del conflitto rappresenti un processo dialettico di attivazione della conoscenza tra le parti. Lo spazio che il mediatore offre si fonda sull’incontro, sul dialogo e sulla comunicazione.
Sono veri e propri momenti riparatori che non si caratterizzano in un risarcimento economico, che si limiterebbe a compensare, ma favoriscono il dialogo e la comprensione. La mediazione è una filosofia di intervento sul conflitto che tende alla ricomposizione dei rapporti sociali.
Si viene così a creare un connubio inscindibile tra mediazione-riparazione-educazione. Nessuno di questi elementi da solo potrebbe rendere efficacie la riparazione stessa
Mi piace sottolineare un passaggio contenuto nella relazione introduttiva all’articolato normativo: In virtù di ciò, la rapida fuoriuscita del minorenne dal circuito penale è tra i più importanti obiettivi a cui la giustizia minorile deve tendere. Infatti, se si considera che il comportamento criminale posto in essere in età giovanile può derivare dalla manifestazione di un disagio temporaneo e che la personalità dei minorenni, se supportata con opportuni interventi, può emanciparsi dalla condotta criminale, la mediazione rappresenta certamente uno degli strumenti più efficaci.
Questa affermazione contiene tutti gli elementi declinabili e, in particolare, la necessità che il minore fuoriesca con celerità dal circuito penale; ma attenzione l’obiettivo sotteso è ancora più ambizioso perché sottolinea il bisogno dell’uscita dal disagio che è prodromico all’ingresso nel circuito penale. Per cui dall’incontro e dal dialogo, elementi della mediazione, si giunge alla ricostruzione della relazione con la parte offesa, che nella proposta di legge è ben determinata, e con la collettività che resta sullo sfondo.
Il disagio minorile è il frutto di una mancata visione della regola come strumento di convivenza; ne deriva l’illegalità e, di conseguenza, la sanzione in un sistema che vede ancora presente una forte connotazione retributiva
E’ un primo passo perché la Giustizia riparativa richiederebbe un’articolazione maggiore e la costruzione di meccanismi che vadano oltre la mediazione; se il destinatario è il minore non si può prescindere dal predisporre un sistema normativo che offra risorse economiche alla realizzazione dei percorsi e per la prevenzione ai conflitti da realizzare all’interno del contesto scolastico.
Il percorso di responsabilizzazione, e quindi di educazione alla riparazione, si deve collocare all’interno del percorso scolastico identificabile come terreno fertile per l’insorgere di conflitti tipici della fase adolescenziale (gelosie-invidie-bullismo). Buone prassi suggeriscono lo svolgimento di interventi di mediazione sui conflitti segnalati direttamente dall’istituzione scolastica o dagli interessati.
L’azione principale è quella di promuovere nelle scuole la cultura della mediazione e della riparazione coinvolgendo attivamente sia i giovani, sia gli adulti in percorsi formativi specifici sul tema con l’obiettivo di tendenza di valorizzare le competenze esistenti tali da aiutare i giovani a gestire meglio i propri conflitti e gli adulti a promuovere modelli consensuali e responsabilizzanti di intervento, non soltanto focalizzati sulla punizione, ma capaci di includere positivamente la vittima.
La proposta si limita a sancire un bisogno fissando criteri di accreditamento dei centri di mediazione senza stabilire norme finanziarie che coprano.
Questa è una grossa difficoltà perché se tali centri sorgono all’interno di organizzazioni senza scopo di lucro non si può pensare che esse non possano coprirne i costi, in particolare per l’utilizzo dei mediatori la cui professionalità è espressamente richiesta dalla norma.
Possiamo accontentarci? Certamente no, possiamo solo prendere atto che esiste un movimento che da un anno circa tenta di trovare la luce rallentato dai problemi emergenziali che attanagliano il Paese.
Possiamo solo sperare che, opportunamente arricchita di contenuti, la proposta diventi legge!
Avv. Marco Cafiero, Consulente F.I.C.T.