Nella mia qualità di operatore sociale mi sono interrogato a lungo sugli effetti che il lockdown sta lasciando dietro sé. Sono strascichi importanti dal punto di vista psichiatrico e psicologico
Assistiamo, impotenti, ad un incremento considerevole dei problemi di salute mentale e di quelli legati alle dipendenze: il Dott. Poli dell’ASST Cremona afferma “L’onda lunga di quanto accaduto ha un forte riscontro sulla salute mentale”
Sul fronte delle dipendenze, il Dark web e le consegne a domicilio hanno sostituito il ricorso alle piazze dello spaccio introducendo nuove sostanze più difficilmente reperibili, se non introvabili, sulle piazze tradizionali. Questo significa che i più giovani si sentono agevolati perché non devono più affrontare il rischio della ricerca
Per quanto riguarda la ludopatia possiamo affermare che il fenomeno registra un incremento proprio in virtù della chiusura delle sale slot, perché è decisamente comodo agire indisturbati all’interno della propria abitazione.
Per quanto concerne l’alcool è stata rilevata un’impennata di acquisti su canali e-commerce per il settore delle bevande alcoliche che si attesta tra il 181 e il 250%, con un aumento dei consumi domestici registrati. I minorenni acquistano on line alcolici con le credenziali dei genitori e consumano nella più totale inconsapevolezza degli stessi impegnati nello smart working
Il fenomeno è curioso perché quella che potrebbe apparire una “presenza” diventa un’accentuata “assenza”. Ma questa assenza è solo l’emersione di un disinteresse per lo sviluppo dell’adolescente: ora non è più il bambino oggetto di competizione; non è più il soggetto da difendere come emanazione di sé. È solo un problema nei confronti del quale si è disarmati.
Il Presidente della F.I.C.T, puntualmente, sottolinea l’aumento di abuso di psicofarmaci e di alcol nelle fasce giovanili. È un’affermazione che ci deve far riflettere e che corrisponde ad una realtà a cui non si vorrebbe pensare. Lo psicofarmaco diventa una forma di automedicazione autogestita contro l’ansia, contro il timore di non raggiungere gli obiettivi, contro la paura di perdere i risultati già conseguiti.
Ci allarma, altresì, l’immersione della gestione delle patologie ordinarie, che già destavano disagio e che sembrano essere state accantonate a favore di un “dovere” alla salute.
Ma la vera vittima di questa pandemia, che resta sullo sfondo di tutti i disagi di cui abbiamo parlato, è la “relazione”. I sistemi virtuali non la possono sostituire, essi integrano solo una modalità alternativa per far funzionare la comunicazione. Ma la relazione non è solo comunicazione, quest’ultima ne rappresenta un elemento di pregio ma non la esaurisce.
Se certi sistemi lavorativi riescono a funzionare a distanza, certamente i rapporti umani sono inficiati e la socializzazione ne risente specie per lo sviluppo psicofisico degli adolescenti. Non ci troviamo solo davanti ad una pandemia sanitaria, ma ad un’emergenza psicosociale determinata dal fattore restrizione/contagio. Se il rischio sanitario si accanisce sulle persone fisicamente fragili, l’emergenza danneggia quelle psicologicamente vulnerabili.
Questa analisi preoccupante non ci deve indurre ad una resa generalizzata, come sembra paventarsi, bensì ad approntare misure sociali volte a sanare questa frattura venuta a determinarsi per il distanziamento e per il timore generalizzato di essere colpiti dal virus.
L’aumento delle dipendenze di vario genere riposa sulla frattura relazionale e sulla negazione all’incontro che fa parte del processo di crescita, venendo ad affermare la normalizzazione del fenomeno. Il consumo di sostanze non è percepito come antisociale, ma addirittura come socializzante e marker di successo.
Ora è il momento di attenuare la tensione derivante dall’isolamento ed attuare una fase di ripresa in cui il terzo settore, complice la sensibilità ai problemi sociali di cui è detentore, può svolgere un ruolo di grande pregio. Ma è a chi ci governa che dobbiamo chiedere una forte sinergia con le agenzie sociali.
La rete socio-istituzionale ha le competenze necessarie a ricostruire i luoghi istituzionali di confronto tra gli attori per riscrivere le norme sulla lotta alle dipendenze e ricreare i luoghi della relazione per e con i giovani: tra questi quelli della riparazione del sé e dei conflitti.
In questa ottica potrebbero giocare un ruolo interessante i paradigmi riparativi coniugati alle distanze sociali che si sono determinate e a quelli che approdano nelle aule di giustizia.
La pandemia ha fatto emergere una pulsione individualista a difesa del sé e della salute dei più stretti familiari che ha sfilacciato l’attenzione ai problemi sociali.
In questa battaglia per la civiltà dobbiamo essere protagonisti di percorsi educativi strutturati e della volontà di accompagnare le famiglie lasciate sole ad affrontare il disagio del distacco e della propria incapacità di essere responsabili.
Ci aspetta una ripresa lunga, dolorosa e piena di frustrazioni: ma le difficoltà non ci hanno mai fatto davvero paura!
Riflettiamo

Avv. Marco Cafiero – Consulente F.I.C.T