Non so immaginare la Betlemme di duemila anni fa, quali fossero i volti che l’attraversavano, le case che la popolavano, gli accenti che la riempivano, gli odori che salivano al cielo. Non so che forma avesse quel villaggio, una cittadina polverosa, “la più piccola tra le città di Giuda”. Certo, non era Roma e nemmeno Gerusalemme, era periferia di un impero, un posto trascurabile. Non so molto di quella periferia ma conosco tante altre periferie dei nostri tempi. Con lo sguardo rivolto a queste periferie cerco il senso di questi miei auguri di Natale, che vorrei fossero per ciascuno diversi e singolari, come solo sanno essere le donne, gli uomini e i bambini che abitano le periferie del mondo.

Betlemme di oggi. Come una carretta del mare spiaggiata in un angolo di costa nella nostra terra. È lì la grotta, il rifugio di gente che non ha trovato posto, di vite in viaggio che trovano chiuse le porte e i cuori. È lì la mangiatoia in cui sei stata deposta, Hammad, piccola siriana nata su una barca ad ottobre. Buon Natale a te… ma quale augurio donare alle tante, troppe madri che i loro figli li hanno visti affondare, vittime della strage di innocenti di un Erode che esiste ancora, vestito di opulenza e indifferenza? Tutti i potenti della terra hanno gridato all’orrore davanti al corpo senza vita di Aylan, bambino ritrovato morto su una spiaggia … e poi? Niente…! Ci siamo commossi tutti, ma per i nostri figli, sotto l’albero di Natale, ci sarà l’I-Phone!

Quanto dura poco il sentire il dolore dell’altro! E quanto, d’altra parte, è stabile e duratura la nostra indifferenza!

E come sarebbe possibile augurare un Buon Natale se non credendo che la compassione possa diventare azione, che la misericordia possa manifestarsi in una carezza, le emozioni in concretezza, come nei gesti dei pastori che di fronte ad un bambino povero, portano cibo, latte, lana per coprirlo. E trovano una grotta dove regna l’umiltà. Una stella di speranza sempre accesa sulla vita che nasce, quasi come a dare il segno con la sua scia. Immersi in una lacrima di tenerezza.

E nella periferia di questa mia comunità ci sei tu Marco, ragazzo “drogato ed ex detenuto”, anche tu come un pastore di allora. Sei tu oggi l’inaffidabile, appartieni alla schiera degli impuri, e nessuno conta su di te; eppure il dono concreto che ci porti è il segno di un cambiamento possibile, di una trasfigurazione. Buon Natale a te: nella notte della tua vita una speranza sta nascendo ed una porta si apre. Tu e i tuoi compagni di percorso siete quelli “fuori dal tempio” ma la vostra casa, la vostra vita, diventa, in questo anno di giubileo, cattedrale, porta giubilare e luogo di pellegrinaggio. Il luogo in cui gli sbagli sono lavati via da lacrime di dolore e di speranza. Che grande questa tua intuizione, Vincenzo, che sei il pastore di questa nostra Chiesa e sei attento alla voce dello Spirito, diventando cometa che indica la via della salvezza attraverso le periferie e il dolore di questa nostra città. Buon Natale a te e grazie!

Eppure, anche in questo Natale, molte porte rimarranno chiuse. So bene cosa vuol dire restare fuori da una porta, fuori dai cancelli di una fabbrica che ha chiuso, fuori dal mondo del lavoro, fuori da una porta di sala operatoria in attesa di un verdetto, fuori da una banca sorda ai bisogni, mentre infiniti dolori non sanno a quale porta bussare, immersi nel silenzio delle lacrime.

Ma nonostante tutto, porte impossibili si sono aperte. Maria, giovane donna, fanciulla ebrea, ha permesso che l’impossibile si facesse storia in lei e una porta chiusa, come quella di una vergine, si aprisse per dare a tutti noi un Dio incarnato. Maria, icona dei muri che cadono, delle porte che si aprono, delle speranze che fioriscono, delle nascite che portano un frutto superiore all’immaginabile. Grazie piccola fanciulla, porta sempre aperta alla possibilità dell’impossibile.

La notte di Natale quella porta si è aperta riconsegnando a tutti noi la speranza, la speranza che le periferie siano gravide di novità, di miracolo, di pensiero collettivo e universale. Porta aperta a un Dio uomo, venuto a mostrarci che la porta del cuore di Dio è sempre aperta. L’Emmanuele, il Dio con Noi, dà a quel Dio che non si poteva nominare e immaginare, il nome di Padre, la figura di Madre. Perché chi viene alla luce illumina.

E allora l’augurio per noi è che, in questo Natale, le mura cadano, le mura dell’indifferenza e dell’individualismo si sgretolino travolte dal grido di giustizia di chi è rimasto fuori, dal canto e dal suono di speranza degli esclusi, le mura dei nostri cuori e delle nostre case. Il coraggio di concederci di poter immaginare e abitare un mondo corale in cui chi è fuori dalle porte diventi vicino, risorsa, fratello possibile. Un augurio che possa soffiare come il vento sulle vele e sospingerle a ritornare in quel mare della vita a gettare di nuovo le nostre reti, nonostante continue delusioni e fatiche, di seguire lo Spirito di Dio che ci chiama e ci fa uscire da noi stessi, dai nostri schemi, dalle nostre imposizioni mentali. Un augurio che ci infonda il calore e l’irresistibile desiderio di essere in cammino, con la fiducia di avere un “Dio con noi” lungo la strada, affinché l’amore che le nostre bocche professano, possa passare tra le mani e che si tocchi nelle nostre piaghe, ma anche gioie quotidiane. Perché Dio viene nella vita, accade nella concretezza dei nostri gesti, abita i nostri occhi. Abita la mia bocca perché io sappia benedire la vita e le creature. Abita le mani perché si aprano, si protendano a donare pace, ad asciugare lacrime, a vestire chi è nudo, a spezzare ingiustizie.

E alla mia terra l’augurio che le mura dell’omertà e del silenzio colpevole, che ci rendono prigionieri delle ingiustizie e delle paure, cadano perché la Calabria possa essere libera e luminosa come Dio l’ha sognata.

Buon Natale anche a te, Sergio, che sei lontano dai riflettori e nella tua povertà mi fai dono della ricchezza della tua umanità; a chi è piccolo, a chi non ha nessun altro titolo che quello di essere uomo. Buon natale a voi che siete semplicemente umani. A te, Manuela, e a coloro che sono affaticati dai lati oscuri della vita, incapaci di capire il senso di tanta fatica, di tanta sofferenza. Buon natale perché nessuno è perduto, nessuno è fuori dal raggio della luce vera che illumina ogni uomo. Buon natale perché Dio è con voi. Non siete soli. Non lo sarete mai.

Nel mio cuore come nel tuo, nella mia gioia e nella mia fatica di vivere, nelle mie come nelle vostre delusioni, il segno di forza e di futuro viene da Gesù Cristo. È Lui la porta, sempre aperta.  Ed è solo Lui che dà consistenza e senso alla vita. E sentiremo che c’è qualcosa di Dio in ogni uomo, c’è santità in ogni vita.

di Sac. Mimmo Battaglia – Presidente FICT