Carissimi,
sono consapevole di cogliervi in un momento in cui sarete presi dai tanti impegni che le feste, anche se molto particolari come queste di quest’anno, necessariamente portano con sé.
E’ stato un anno difficile per tutti noi, per le nostre comunità, per le nostre famiglie. Abbiamo dovuto salutare compagni di strada ai quali siamo legati da grande affetto, Don Giorgio Bosini, Padre Fausto Torresendi, Daniele Corbetta.
Abbiamo fatto i conti con una pandemia terribile che ancora purtroppo flagella i nostri servizi e che rischia di mettere in ginocchio un sistema già fortemente provato da anni di indifferenza ed abbandono.
Abbiamo faticato enormemente per mantenere viva una comunicazione istituzionale e per ricordare costantemente ai decisori politici che esistiamo.
Nonostante tutto però siamo ancora qui, con le nostre povere forze e con le nostre enormi debolezze. E se siamo qui lo dobbiamo a tutti gli operatori che in questo difficile 2020 non si sono lasciati scoraggiare, continuando a “sperare oltre ogni speranza”.
Il Papa ieri ci ha ricordato come anziché lamentarci dovremmo utilizzare al meglio questi giorni per riscoprire il senso più profondo del Natale.
E noi in questo senso siamo privilegiati.
Avremo la possibilità, anche quest’anno, di sperimentare il dono più bello: la vicinanza con la splendida umanità che ospitiamo nei nostri centri.
E’ un privilegio poter condividere con i nostri “ragazzi” il Natale del Signore, è lo è ancora di più quest’anno. A ben vedere infatti, abbiamo proprio da loro, solitamente “esclusi”, un esempio vivente di accoglienza concreta.
Qualche anno fa, guardando gli addobbi natalizi della comunità, l’albero pieno di mille colori, posizionato ad arte vicino ad un grande presepe completamente fatto a mano, mi sono compiaciuto della cura con la quale i ragazzi avevano reso più bella e calda la loro casa…
Osservando però da più vicino, mi sono accorto che il grande albero di Natale era pieno di luci e di palle colorate davanti, nella parte in vista, ed invece era rimasto particolarmente spoglio e disadorno nella parte più nascosta.
Non ho perso l’occasione per fare notare ai ragazzi che troppo spesso anche loro erano come l’albero che avevano addobbato: luminosi e colorati in superficie ma scuri e vuoti dentro…
I ragazzi hanno subito il colpo, ribadendo che con i pochi addobbi disponibili avevano fatto il possibile, ma per compiacermi dopo qualche ora avevano alla bene e meglio suddiviso nuovamente le poche decorazioni.
Proprio in questi giorni ho ripensato a quell’episodio e mi sono reso conto di come i ragazzi non avessero tutti i torti.
Sarà la debolezza di tutti noi di fronte al virus, le paure, i dubbi, le fatiche…sarà l’aver scoperto tutto ad un tratto di come siano fragili le certezze di cui amiamo circondarci…sarà il periodo di questo Natale così strano, eppure a ripensarci bene, sono convinto che quell’anno i ragazzi mi hanno dato una grande lezione.
Non si tratta di nascondere i nostri difetti, il nostro vuoto, le nostre debolezze agli occhi di chi incontriamo e soprattutto di chi accogliamo, ma di offrire sempre la parte migliore di noi, addobbando il nostro sorriso ed allargando le braccia per mostrare i colori del nostro cuore.
E pazienza se dietro le spalle lasciamo un po’ del nostro dolore, delle nostre sconfitte, se per una volta ci accostiamo all’altro provando ad offrirgli tutte le decorazioni più belle che abbiamo.
Avviciniamoci all’altro preparati come l’innamorato al primo appuntamento…ci sarà tempo poi per condividere anche le fatiche.
Ecco, quell’anno i ragazzi, senza neanche volerlo, ci avevano mostrato lo stile più bello del “farsi prossimo”…
E sono certo che anche questo Natale, nelle nostre comunità, più della gioia di “dare”, sempre viva, riscopriremo il gusto di “ricevere”. Ne abbiamo davvero bisogno.
Auguri quindi a tutti voi, agli operatori, alle famiglie, ai volontari ed ai ragazzi dei Centri, che sia davvero un Natale di rinnovata Speranza, nella certezza che molto presto questa umanità ferita ritroverà la serenità perduta, nella gioia dell’incontro con il Salvatore degli umili.

Luciano Squillaci, Presidente FICT