A volte ci occorre del tempo per comprendere quello che abbiamo realizzato, ricevendo l’eco dei frutti concreti e reperendo il senso di quello che è avvenuto. Per questo motivo racconto oggi l’esperienza di una “festa territoriale” che si è svolta il 10 giugno u.s. nel comune di Serra Riccò in provincia di Genova. A premessa di una festa di comunità ci sono motivi di disagio, di qualcuno che in quella comunità non si sente nel suo posto, di qualcuno che avverte su di sé e traduce in reazioni le contraddizioni e i conflitti di un’età di per sé incerta, condizione acuita in quest’epoca instabile, veicolandole contro oggetti simbolici, di un dialogo difficile fra generazioni, di un sentimento di sottrazione e di espunzione.

Festa territoriale di promozione socio culturale e di salute di comunità

Ragazzi che non riescono a condividere con altri uno spazio sociale – una tensostruttura per lo sport e per iniziative socializzanti – e lo danneggiano, risarcimento “infantile”, che genera un’escalation di retroazioni inevitabilmente stigmatizzanti. Ragazzi “vandali” che “sfumazzano” e “fanno danni”, il commento nervoso dei grandi. Come uscire da questa impasse? Accanirsi nelle invettive contro, nelle accuse reciproche, nei controlli e nelle sanzioni d’autorità? O tentare una sintesi che dia voce a tutti e rimoduli le rispettive esigenze, magari facendo emergere anche le voci più dissonanti e dia loro significato. Ecco come è nata l’idea e di una festa di tutti e per tutti, non a caso intitolata “Strane presenze in valle – associazioni in rete”, per sancire l’esistenza di una comunità che sta insieme e insieme accoglie anche ciò che in un primo momento risulta “fuori” e pare “strano” e gli da espressione. Una festa che in idea pare facile a organizzare, cosa ci vuole a mettere insieme chi sa già condividere? Ma non vuole essere la festa di paese di una Pro Loco, vuole rappresentare un momento catartico di comunità, dove c’è una parte di tutti, anche se attentamente organizzata, per essere a vantaggio di tutti. Ci vogliono le istituzioni che si fanno patrocinatori di una macchina complessa, il Comune di Serra Riccò e il suo sindaco. Ci vogliono i soldi perché per osservare una comunità di persone, per comprenderne le aspettative e le risorse disponibili, individuare le diverse abilità e le modalità espressive, organizzare e coordinare in un insieme composito e assonante ci vogliono persone professionali e dedicate. Meno male che ci sono enti privati, in questo caso la Fondazione Carige, che se ne fanno carico e capiscono che al “pubblico” hanno tolto i soldi. Ma occorre il metodo e allora una mano viene dall’’università – il dipartimento di scienze antropologiche – che offre consulenza per le azioni etnografiche. Ma soprattutto ci vogliono i protagonisti, il mondo sensibile delle persone, dei cittadini, delle associazioni, dei servizi territoriali, dei gruppi spontanei di mutuo sostegno. Ci vogliono le infrastrutture, le sale, gli spazi culturali ed ecco il “Music Village”, Radio Jeans. Ci vuole la freschezza dei giovani, che producono idee, ed ecco i ragazzi della scuola media “Ungaretti” che scrivono la “sceneggiatura collettiva”, con i loro testi e le testimonianze di persone del luogo, memoria storica e “ponti” tra le esperienze della quotidianità di ieri e quella attuale. Ci vogliono i ragazzi “strani” che hanno da dire la loro e che la traducano in fatti espressivi, musicali, pittorici, graffitici, quali segni di un discorso inedito, sulle prime complesso da decifrare, ma contenitore di stimoli e suggestioni per migliorare lo “stare” insieme. Questo è avvenuto, un fatto corale, per narrare storie individuali e storie sociali, per giocare insieme una partita di benessere collettivo, per riconoscere i percorsi tipici e storici della comunità e approdare in un quadro d’insieme nelle geometrie moderne di quello spazio – la tensostruttura – all’inizio foriero di conflitti e dissapori. Pensate, un atto di malessere e protesta diventa un atto di aggregazione e di comunione. Atelier, installazioni, performance espressive, giochi interattivi, pubblici che diventano attori e viceversa, capovolgimento di ruoli, che ruotano intorno al significato e al valore della comunità umana come insieme simbolico e reale, coeso da regole solidali e di convivenza, di esperienze individuali e di gruppi sociali.
Alla progettazione e alla realizzazione dell’evento ha contribuito il Centro di Solidarietà di Genova che, a partire dal mese di ottobre 2010, ha articolato un percorso di valorizzazione delle risorse umane e sociali del territorio, nel rispetto delle competenze e delle peculiari capacità, condizioni ineludibili per generare benessere e salute all’interno di una comunità di persone.

di Roberto Buzzi

Centro Solidarietà di Genova, Settore Promozione della Salute e Prevenzione.