Assalito sulle problematiche delle mascherine, in mezzo alla guerra tra “vax/no vax”, tra grida assodanti di chi urla libertà e chi impone controllo, mi domando che senso abbia tutta questa …pandemia.
Non solo virale. Infatti è riproposta la battaglia referendaria “cannasì/cannano”.
E la parola “diritto!”.
“È mio diritto”. Frase sempre più ambigua, manipolata, delirante, inquinante. Diritto a che?
Progetto Uomo si batte per la libertà. Che concepisce come valore universale.
Anzi “valore spirituale”. Qualcosa in più. “Spirituale” perché essenzialmente è un “percorso educativo” (niente che fare con la confessione religiosa).
Ma bisogna intendersi bene sul contenuto del termine “educativo”. Sul verbo “educare” e sul significato che esso possiede, perché diventi sostanza ed energia operativa. Appunto opera di “spirito”!
Educare è dal verbo latino “e-ducere” che significa, a seconda dei contesti del discorso: condurre fuori da… – cavar fuori da… – liberare una cosa da… – guidare autorevolmente l’operazione di cavare o liberare da… – gestire l’operazione di scavare qualcosa… e altri significati analoghi.
Mi colpisce quel verbo “ducere”, da cui deriva “dux” – “duce” – “doge” – “duca”, cioè uno che fa il capo militare/politico, e che con la forza dell’ordine e l’energia del potere autorevole, guida l’operazione di “cavar fuori” da una situazione per arrivare a un’altra.
Attenzione!, se conduce fuori qualcosa, crea un movimento.
E ogni movimento ha uno scopo, se ha uno scopo deve avere una direzione e un senso!
Mi ha sempre colpito il fatto che un bambino di circa un anno “cominci a camminare”. Prima va di qua e di là gattonando, poi di colpo te lo trovi in piedi che armeggia sulle sedie e sulle maniglie delle vetrine. Già pericoloso a sé e ai bicchieri e a tutto il resto. E nessuna delle mamme, che hanno bambini piccoli, domanda a un’altra: “hai insegnato a camminare a tuo figlio”?; bensì: “e tuo figlio, ha imparato a camminare?”.
Ecco il punto: nessuno insegna a un/a figlio/a a camminare. Lo accompagna per un po’, ma impara da sé. Per imitazione degli altri e dei grandi, per spinta interna alla curiosità, perché non riesce a star fermo/a, perché ha bisogni e desideri che lo star immobile non soddisfa… C’è una spinta interna al cambiamento. E zac!, te lo trovi con le mani nei bicchieri, mentre tu arrivi in ritardo.
Cavar fuori da… esige un muoversi per…, è cioè prendere una direzione. Se faccio questa operazione per me, posso/devo “guidarmi” verso una meta. Se faccio questa operazione per altri, posso/devo “indicargli uno scopo e condurli a una meta”. Inevitabile per i bambini piccoli. E per i tossico-dipendenti.
Ma se faccio questo, all’istante, automaticamente dò un “senso” al movimento, indico una direzione di marcia. Faccio il capitano, mi comporto da doge.
Trovare, indicare a trovare, guidare a trovare questo senso di marcia costituisce lavoro “di spirito”, il tuo dentro e l’altro che lo recepisce in automatico. È la spiritualità. Ma è pure lo stesso scopo dell’educare.
Che si fa sempre e solo una domanda: quale senso ha o contiene quanto mi/ti accade, quanto succede dentro e intorno?
Quando la faccio per me, va bene, rischio in proprio. Ma quando la faccio per gli altri, sento e possiedo l’autorità, il potere, l’energia, la forza per farlo? Sono cioè una guida e un capo? Sì, lo sarò nella misura che lo faccio ogni giorno, per me. E non come diritto, bensì come valore e di spirito. Educare quindi alla libertà è opera spirituale: trovare e portare senso nella vita.

gigetto de bortoli