Progetto Uomo è un percorso educativo e spirituale. Lo dico e lo riaffermo.
Ma bisogna intendersi bene sul significato della parola “spirituale”.
Il Sacerdote, per esempio, che viene nelle strutture di C.T. e fa da “padre spirituale”, lo fa in modo eccellente. Vero sacerdote, profondamente convinto di quello che fa e sente nella fede. Mostra una fedeltà eccezionale e una pazienza oltre ogni orizzonte.
Ma resta spesso stupefatto, come mi ha comunicato.
“Dopo aver ascoltato e parlato di Dio coi ragazzi e di cambiamenti, religiosamente corretti, da essi accolti, il giorno dopo sento che qualcuno/a, dei più convinti, ha combinato delle cose impressionanti, perfino innominabili. Resto confuso e perplesso sulla mia opera qui”.
Anch’io resto stupefatto. Eppure continuo “in libertà” a esserci e fare proposte.
Spiritualità non è religione.
La religione è preghiera, rito, tradizione… di rivolgersi a Dio come a un Essere Superiore che guida le sorti dell’uomo e del mondo. Così è comunemente intesa.
La religione e i suoi atti sono iniziativa dell’uomo che si rivolge a Dio, perché in qualche maniera faciliti la vita e risolva il mistero dell’origine degli esseri e della vita stessa. Ci si affida a Dio spesso per sentimento d’impotenza e su eventi che superano le nostre forze e la spiegazione della nostra mente.
La religione salta gli interessi umani più materiali e ci pone davanti al mistero.

La spiritualità non è neppure fede.
La fede, propria degli ebrei, dei cristiani e degli islamici, è la profonda convinzione che Dio interviene direttamente nella storia. Non sta su, nei cieli, separato dal mondo, ma entra a guidare le storia tramite gli stessi eventi storici. Lui stesso si coinvolge, in prima persona.
Così gli eventi, contenenti l’opera di Dio, “salvano la persona umana, e salvano i popoli dentro la storia”.
È viaggio che salva, il viaggio storico di Abramo che lascia Ur e va in Palestina a creare un nuovo popolo. Liberazione dagli idoli. È nella liberazione dalla schiavitù dall’Egitto, che il popolo ebreo sperimenta oggettivamente la salvezza (con dentro la parola ‘libertà’).
È il viaggio nel tempo e nella vita umana del Verbo ‘carne divenuto’, fatto Uomo, che è Gesù di Nazareth, morto e risorto, che dona la salvezza al mondo.
È il viaggio dell’Egira di Maometto, e la rivelazione ricevuta, che salva i popoli della mezzaluna.
È il viaggio nella fiducia (termine umano) che dentro gli eventi della nostra vita ci sia un qualche ‘fattore divino’ che ci salva. Che salva la vita, per cui “se sono ancora vivo/a è un miracolo!”.

La spiritualità è una cosa più semplice di tutto questo, spesso più difficile.
È il lavorio mentale, psichico ed emotivo, anche volitivo, che si domanda magari a ogni piè sospinto: che senso ha quel che accade intorno a me? quel che mi succede dentro, quello che faccio e quello che non faccio? quello che penso e quello che sento… ?
È lo sforzo di trovare e quindi dare una direzione a ogni cosa!
È quando poi riesco a “trovare” – il senso si trova, non si crea – quello che unifica la complessità della vita e dà un orizzonte che va oltre il tempo di vita, vedi il futuro. Ancora: è il fattore di vita che incontro, che non mi creo, ma ne dà e la riempie di senso.

Questo sforzo impone impegno in prima persona.
Esige responsabilità individuale, diretta e ineludibile.
Non ammette delega ad altri.
Il religioso e la persona di fede rischiano di delegare colpe e responsabilità a Dio.
Peggio, questo Dio rischia di essere coinvolto da me, come pretesto persino per le nefandezze mie personali, quando perdo la spiritualità. E ciò si chiama usare Dio, tramite la religione e la fede. Religione e fede, se perdono la spiritualità, diventano pericolose.
Un “dipendente” facilmente usa Dio, religione, fede, preti, frati, suore, arancioni e new age…
Religione e fede possono, a un certo punto, facilitare tutto.
La spiritualità, mai. Ecco perché P.U., che è ricerca di senso, crea difficoltà e fa faticare.
Gigetto De Bortoli