Che la nostra società soffra per i (molti) fattori di disgregazione è evidente ed a tutti noto. La violenza ne è al contempo causa ed effetto. Cosicché la violenza familiare dilaga nella nostra società. Le cronache non sono avare di notizie quando accadano episodi efferati. Diverso invece è il caso della violenza quotidiana, banale, che ferisce ed offende nella silenziosa quotidianità. Vediamo un dato.

Negli Stati uniti sono circa 676.000 i bambini che ogni anno soffrono di maltrattamento. Tanti sono i casi che diventano oggetto di segnalazione ai servizi ed ai tribunali. Il 2% dei minori soffre per abuso fisico, psicologico o sessuale o per abbandono e negligenza. Ma quei casi confermati sono “una sottostima del problema,” precisa il dr. Holden dell’APA, la Società degli psicologi americani. Infatti “per un caso che emerge molti casi non vengono segnalati”. Non si tratta di affermazioni dettate dal chiasso del grido “al lupo al lupo” che spesso qualche bacchettone lancia. Infatti la ricerca scientifica ha chiarito che è circa il 10 per cento il numero dei bambini che subiscono la violenza di qualche adulto della famiglia (padre, madre, nonno, zio). Quasi la metà di questi minori presentano poi i sintomi del disturbo post-traumatico da stress. Molto diffusi sono i problemi di attaccamento, i disturbi di alimentazione, le alterazioni del ritmo veglia-sonno, gli stati di ansia. Tra quelli più grandicelli spesso appaiono la depressione e l’aggressività. Se si guardano queste storie da vicino si osserva che molti bambini sono polivittimizzati. Il grande studio scientifico denominato ACE, ha misurato le esperienze avverse subite dai minori. Sono state indagate migliaia di persone di un campione rappresentativo ed è emerso che i due terzi delle persone ha subito almeno un evento violento avverso, mentre più del 20 per cento ne ha avuto più di tre. Più sono le esperienze negative e più problemi quelle esperienze possono causare. Ed i problemi possono anche continuare in età adulta. Ad esempio ACE, come anche altre ricerche, ha scoperto che le esperienze negative del bambino sono correlate al diabete, alle malattie cardiovascolari e persino al cancro in età adulta. Parte del motivo può essere che il maltrattamento nei primi anni di vita – con il conseguente rilascio di ormoni dello stress – possono influenzare lo sviluppo del cervello e compromettere il sistema immunitario. Non bisogna però essere solo pessimisti: molti bambini sono resilienti. Infatti, gli studi trovano che circa un terzo dei bambini esposti alla violenza non trae nessuna conseguenza negativa. La scoperta chiave è che la resilienza non è un tratto della personalità, che chi ce l’ha ce l’ha o un caso di fortuna. La resilienza è caratterizzata come una mentalità. I bambini resilienti non pensano che la loro vulnerabilità sia causata da responsabilità personale o da un proprio difetto ma come un’area per lo sviluppo. Ecco allora quel che si potrebbe imparare dalla ricerca: servono interventi per aiutare tutti i bambini a sviluppare questo tipo di mentalità. Ripeto, tutti i bambini e non solo quelli segnalati dalla scuola o a un servizio, perché come si è visto la realtà mostra una grande diffusione della violenza.

Bisognerebbe fare anche una seconda scelta. Trovare i modi per promuovere la resilienza tra i genitori è l’altra chiave. Invece finora la maggior parte degli sforzi di prevenzione del maltrattamento sui minori si concentra sulle famiglie che sono già segnalate. E i messaggi di prevenzione degli abusi sui minori in genere sottolineano che i genitori abusanti sono tossici per i bambini e loro stessi difettosi in qualche modo. Si preferisce credere che ci sono queste persone là fuori, i mostri della porta accanto. “Loro sono diversi da noi”, pensa la gente comune. Ma non è vero né utile alle famiglie. Invece si dovrebbe ampliare gli sforzi di prevenzione per indirizzarsi a tutte le famiglie. Se in una comunità tutti fossero sostenuti nelle sfide legate alla genitorialità, perché abbiamo praticamente tutti sperimentiamo queste sfide, ci sarebbe meno stigma intorno al chiedere aiuto. Oggi un genitore in difficoltà prova vergogna a dirlo. Non serve dire sono un cattivo genitore; basterebbe potere dire, ho bisogno di aiuto per la sfida attuale che sto vivendo. Per questo scopo associazioni delle famiglie come AGE sono benemerite.

Anche i media però hanno un ruolo “pesante”. Loro possono fare la prevenzione universale chiarendo che la genitorialità può essere difficile per tutti. Un messaggio chiaro sottolinea che la formazione di base è qualcosa che ogni genitore dovrebbe sforzarsi di ottenere. I risultati dello studio ACE mostrano effetti positivi per i bambini che hanno genitori capaci di nutrire la loro mente mentre si hanno esiti negativi per quelli con una storia di maltrattamenti. Serve allora un approccio di salute pubblica per la prevenzione del maltrattamento sui minori, in pratica una rivoluzione culturale. E’ molto interessante che grandi istituzioni scientifiche come il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) incoraggiano la sanità pubblica e le altre agenzie ad assumersi la responsabilità per la prevenzione del maltrattamento sui minori, invece di limitarsi a fornire presidi quando “la frittata è stata già fatta”. E va ricordato che non bisogna concentrarsi sulla prevenzione degli abusi sui minori in sé, ma creare sostegni emotivi sicuri e relazioni stabili per i bambini.

di prof. Umberto Nizzoli