Chiamiamola con il suo vero nome: Paura.
Sì perché, come sempre, le novità che non riconosciamo ci spaventano e tentiamo di catturarle dentro i nostri rigidi schemi.
Allora guardiamola in faccia e diamole il giusto nome.
È difficile ammetterla, la paura.
Allora la esorcizziamo con la ragione, la chiamiamo: immoralità, castigo del peccato, intervento di Dio, conseguenza del Capitalismo, conseguenza dell’inquinamento, conseguenza dell’irresponsabilità dell’uomo, delle politiche sbagliate.
Allora la esorcizziamo ingurgitando con ingordigia orge di immagini e di parole, informazioni che travolgono e digeriscono ogni cosa.
Importante non pensare.
Importante non pensarla, la paura, masticando la vita e consumando gli esseri umani come prodotto del mercato.
Ma cosa rimarrà, dentro?
La paura! Ci rimarrà la paura.
Allora chiamiamola col suo vero nome: Paura.
Quella stessa paura che emerge richiamata dalla peste che riecheggia nel nostro inconscio: generazione senza nome morta negli ospedali, nei conventi, nelle case di riposo, falcidiate dalla pestilenza.
Chiamiamola col suo vero nome: Paura.
Paura di un male impalpabile che uccide, e nel contempo vive in mezzo a noi facendoci respirare un’aria mefitica appena fuori casa.
Paura di un male che popola il nostro immaginario di mostri, di nemici più o meno veri, del nostro stesso livello di vita, che non sono più così diversi da me: il mio vicino, il mio collega. Il mio prossimo. Me stesso.
Paura di un nemico che entra dentro la vita quotidiana, rende sospetti i rapporti. Anche quelli più intimi.
Paura di un nemico subdolo che aggredisce nei momenti di più intensa comunicazione.
Ma cosa rimarrà, dentro?
La paura! Ci rimarrà la paura.
Paura di uscire dal guscio. Quel guscio di cui rimangono solo cumuli di immagini in frantumi.
Paura del futuro.
La paura di non vedere via d’uscita.
Ma cosa rimarrà, dentro?
Una domanda: quali germogli spunteranno da queste macerie?

di Antonio Simula – Direttore Centro Trentino di Solidarietà