Alcol; Monitoraggio; Epidemiologia; Piano Nazionale Alcol; Salute: le cinque sezioni compongono l’attento studio coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, il cui rapporto ha occupato 63 pagine. Il messaggio è nel titolo scelto per lanciare il comunicato stampa: “Sanità: allarme alcolismo”

Con l’intento di mettere al corrente la popolazione, i risultati sono stati illustrati in occasione della XII edizione dell’Alcohol Prevention Day, promosso, per mantenere alta l’attenzione su questo tema, dall’Istituto superiore di Sanità (Iss) lo scorso 18 aprile. In viale Regina Elena 299 dalle 8.45 alle 14, sono stati realizzati i punti più rilevanti e prioritari che come di consueto catalizzano le attività svolte nel corso dell’intero mese di aprile, ’Mese di Prevenzione Alcologica’.

L’Osservatorio Nazionale Alcol del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute (ONA-CNESPS) è da dieci anni il riferimento formale e ufficiale nazionale, europeo e internazionale dell’Istituto Superiore di Sanità per la ricerca, la prevenzione, la formazione in materia di alcol e problematiche alcol-correlate. Dal 2012, le attività di monitoraggio del consumo rischioso e dannoso di alcol sono state inserite nel Piano Statistico Nazionale e svolte formalmente dall’Ona-Cnesps. L’Ona, sede del Who Collaborating Center for Research on Alcohol, è l’organismo indipendente di raccordo tra Ministeri, Presidenza del Consiglio, Commissione Europea e Organizzazione Mondiale della Sanità per le attività tecnico-scientifiche di rilievo nazionale, europeo e internazionale.

Dall’esame del documento si manifesta in tutta la portata il danno provocato dall’alcol, in quanto è responsabile del 9% della spesa sanitaria nei Paesi europei, è uno dei maggiori fattori di rischio per la salute dell’uomo, è una delle principali cause di mortalità e morbilità.

Un’altra importante notazione riguarda il numero dei soggetti: otto milioni di italiani hanno problemi con l’alcol. Tutti avrebbero bisogno di un supporto sanitario. Purtroppo – si evince sempre dallo studio – metà dei medici di base non ha ricevuto insegnamenti adeguati per riconoscere i pazienti a rischio. In realtà, i ricercatori hanno calcolato che solo il 31,9% dei medici dichiara di avere dimestichezza con gli strumenti di screening per la individuazione precoce del consumo rischioso e dannoso di alcol. Da qui a calcolare che nel 2011 in Italia il 23,9% degli uomini e il 6,9% delle donne presentano caratteristiche di rischio che richiederebbero l’intercettazione precoce e l’intervento dei medici, il passo è stato breve ed obbligato. Per poi rilevare che i danni provocati dall’alcol producono effetti non solo sul bevitore ma anche sulle famiglie e sul contesto sociale, a causa di comportamenti violenti, abusi, abbandoni, perdite di opportunità sociali, incapacità di costruire legami affettivi e relazioni stabili, invalidità, incidenti sul lavoro e stradali.

Con il titolo “Consumi alcolici e modelli di consumo nelle Regioni”, in otto pagine, è fotografata l’attuale grave situazione. Peraltro è da tenere presente che il 17 ottobre 2012, in occasione della V Conferenza europea sulle Politiche sull’alcol di Stoccolma, scienziati e ricercatori pubblicarono un manifesto europeo per stigmatizzare l’impatto nocivo e cancerogeno dell’alcol e richiedere adatta protezione della salute degli europei a mezzo di attività preventive adeguate.

Rassicurante – invece – è l’introduzione alla “Prefazione” che dichiara testualmente: l’alcol è oggi uno dei maggiori fattori di rischio evitabile in Italia. Cui si riallaccia la denuncia sullo stato attuale, per far presente che “la diffusione di culture e di modelli del bere ispirati a valori d’uso dell’alcol come sostanza psicoattiva ha minato, nel corso degli ultimi decenni, il tradizionale consumo mediterraneo; generazioni di giovani e di giovani adulti di entrambi i sessi seguono oggi tendenze sempre più basate su modalità tipicamente nord-europei ispirati a modelli in cui molti dei più importanti elementi protettivi, quali il consumo ai pasti e la moderazione, sono relegati in una posizione marginale rispetto a quelli prevalenti e sempre più frequenti di consumo rischioso e dannoso e di binge drinking (il bere per ubriacarsi). E quale corretta deduzione, i ricercatori affermano che l’alcoldipendenza, fenomeno in costante e forte crescita tra i giovani e i giovani adulti, rappresenta l’esito drammatico e finale, ma non esclusivo, di un comportamento che, attraverso un ampio spettro di problemi e patologie alcol-correlate, conduce la persona ad una delle malattie dalle quali è estremamente difficile riabilitarsi.

L’alcol è causa di circa 200 diverse malattie, del 7,4% di tutte le disabilità e delle morti premature. I dati epidemiologici e il monitoraggio alcol-correlato rappresentano gli strumenti indispensabili e insostituibili per la pianificazione delle strategie di prevenzione degli indirizzi sanitari e sociali che sono alla base della maturazione condivisa e collettiva di un’auspicabile cultura del benessere, invocata, ma spesso ostacolata, da modelli e stili di vita tutt’altro che salutari. Quindi l’affondo: “Una cultura, quella del bere, in rapido e continuo cambiamento, che si trascina con sé leggende e falsi miti, gli usi e le tradizioni, e che subisce il fascino della persuasione di evolute tecniche di marketing, della pubblicità, delle pressioni sociali e, non ultimo, dei condizionamenti imposti dagli interessi economici e commerciali che hanno favorito, e continuano a favorire, una sempre più marcata e diffusa logica delle convenienze che raramente consente di far prevalere la tutela della salute e la prevenzione rispetto alle logiche di mercato”.

Il tono è rispettoso, ma severo e denuncia un male della società che va estirpato. Né mancano le indicazioni circa la strada da seguire, precedute citate in sintonia con il grido “agire”: “sui fattori che influenzano il consumo rischioso e dannoso e determinano i problemi e le patologie alcol-correlate”; “ai fini della necessaria diagnosi, cura, riabilitazione e reinserimento sociale delle persone malate, ma prevenire l’insorgenza di nuovi casi di alcoldipendenza è la priorità di salute pubblica sollecitata sia dalla World Health Organization, (WHO) che dalla Comunità Europea, dalle strategie nazionali espresse attraverso il Piano Nazionale Alcol e Salute, oggetto di accordo Stato-Regioni, e tramite il programma governativo “Guadagnare salute”. Un solco sapientemente tracciato che non merita di essere ignorato.

LA SCHEDA

Come può arguire il lettore, lo studio in esame è firmato da un pluriennale organismo qualificato, del quale fanno parte altre cinque strutture:

– Società Italiana di Alcologia

– Centro Alcologico Regionale della Toscana, Regione Toscana

– Centro Alcologico Regionale, Regione Liguria

– Associazione Italiana dei Club Alcologici Territoriali

– Eurocare Italia.

Il gruppo di ricercatori è composto da:

Emanuele SCAFATO (Coordinatore); Fiorella ALUNNI Pierfrancesco BARBARIOL; Tiziana CODENOTTI; Lucilla DI PASQUALE; Gianluca DI ROSA; Monica DI ROSA; Tiziana FANUCCHI; Lucia GALLUZZO; Claudia GANDIN; Silvia GHIRINI; Ilaria LONDI; Gabriele MAGRI; Sonia MARTIRE; Lisa NADIR; Nicola PARISI; Valentino PATUSSI; Rosaria RUSSO; Riccardo SCIPIONE; Gianni TESTINO; Simone TICCIATI; Elena VANNI.

Fonte: Agor@ magazine