Voglio, innanzitutto, esprimere la mia più profonda solidarietà e vicinanza a tutti i cittadini delle aree colpite dai terremoti di questi ultimi giorni; in particolare, il mio pensiero, e quello di tutta la Federazione, va agli amici dei Centri di Modena, Mantova, Bologna, Reggio Emilia e Parma, colpiti, in qualche modo, anche loro, dal sisma, nel faticoso scorrere della loro vita quotidiana.

Ho sentito personalmente i presidenti di questi centri, ho ascoltato paura e sgomento, fatica e dolore, ma anche dignità e, soprattutto, voglia di andare avanti. Come Federazione, posso assicurare a questi nostri amici la nostra più totale disponibilità e attenzione, siamo tutti pronti ad accogliere ogni bisogno di aiuto che verrà dai nostri compagni di strada dell’Emilia e dei dintorni.

È una prova per tutti, è il  momento di stare uniti, di essere forti, è il momento della resistenza. Perché un dolore insensato, imprevedibile, impossibile da combattere, non può che metterci alla prova. Tutti!  È il mistero di un dolore improvviso, lancinante e angosciante di fronte al quale la “lamentazione” è l’unica forma di comunicazione.

Quando, in un batter d’occhio,  perdi affetti e “beni materiali”, tutto è decisamente ben oltre la marca della ragione e, parafrasando il “Salmo”, ti senti davvero «terra deserta, arida e senz’acqua». Come ebbe a scrivere David Maria Turoldo, «possiamo accettare il male perché è parte della vita, la quale a sua volta s’intreccia con la morte, ma accettare il dolore è cosa “eroica”, perché il dolore è davvero “disumano”». Eppure io credo che questo “eroismo” è linfa vitale delle nostre radici, del nostro modo di essere comunità, della nostra identità comune. Sappiamo bene, noi, che il dolore si combatte insieme, riponendo con fiducia ed abbandono la nostra fragilità nell’altro. “Tu solo puoi farcela ma non puoi farcela da solo …” è un’espressione che viene dalla nostra storia comune. È quindi il momento della solidarietà, dell’unità. Della resistenza. Insieme!

C’è molto da ricostruire, case, palazzi pubblici, chiese, ma soprattutto c’è da ricostruire un tessuto sociale e civile fragile, indebolito, a rischio di crollo. Dobbiamo puntellarlo in fretta con il nostro impegno, con una passione più che mai viva. Farci orecchio e cuore  per ascoltare il dolore della nostra gente, i bisogni che vengono dalle macerie, dalle strade divenute case, dalle vite spogliate di ogni conforto materiale. Farci mano tesa. Ricostruire comunità, non solo in senso fisico e materiale ma come capacità di ritrovare il senso di appartenenza ad un’unica umanità. Perché oggi, più che mai, si ha bisogno di umanità, tanto più quando sperimentiamo la precarietà, la fragilità, l’insicurezza della nostra vita e delle cose di questo mondo.

Questo può aiutarci, pur nel dolore, a capire, a fondo, quali sono le cose che davvero contano nella nostra vita e che le danno senso. Perché, forse, le immagini assurde dei municipi crollati, delle chiese in macerie, ci suggeriscono che a crollare non sono solo mattoni e calcinacci ma il senso della nostra civiltà, di ciò  che è diventata a causa del nostro individualismo. È l’immagine più drammatica di un crollo già in essere!

È  il momento della resistenza che prepara una nuova ricostruzione. La casa di domani deve essere allora ricostruita “sulla roccia” dell’umanità, perché tutte le altre rocce possono tremare, frantumarsi, sotto i nostri piedi. È questa la speranza a cui possiamo e dobbiamo aggrapparci in questo momento. Ma per questa casa di domani servono “artigiani”: invito, quindi, tutti gli amici della Federazione a farsi avanti, ad essere pronti alla ricostruzione di questo nuovo tessuto, a farci prossimo per i compagni di strada “feriti”. A loro esprimo, ancora,  la nostra disponibilità totale e  li ringrazio per il loro coraggio. A loro chiedo di dirci concretamente in che modo possiamo stare accanto, cosa possiamo fare. Sia in questo momento di emergenza, sia nei giorni che verranno. È un momento difficile, ma so che la Provvidenza non abbandona; so che Cristo non è venuto a dare una spiegazione al dolore ma a riempirlo della Sua presenza. E a Lui dobbiamo affidarci.

“In questo terreno noi possiamo mettere radici e crescere, non più soli, come nella morte, ma vivi a noi stessi e agli altri.”

Don Mimmo Battaglia – Presidente FICT