In questo 25 aprile, questa strofa sembra  solo ricordare voci di un passato contadino, povero e belligerante e inevitabilmente remoto; ma la Liberazione, celebrata ancora, lungi dall’essere un doveroso e nostalgico ricordo, porta un racconto avvincente ed attuale che cresce tra questi due poli estremi: scarpe rotte e cammino, disperazione e speranza;  un’ idea che si snoda tra queste due sponde remote del vivere umano per diventare Storia, la nostra storia, negata o sporcata da alcuni, rinchiusa e addomesticata come serva ideologica da altri.

Ma al di là di ogni revisionismo ed oltre le cancellate dell’ideologia chiuse ermeticamente,  c’è una piccola, grandissima storia… una storia di uomini stanchi di obbedire ai bisogni ed alle voglie del potere, stanchi della fame e della morte, della dignità calpestata, stanchi di scarpe rotte… eppur bisogna andare: storia di sogni, di speranza, di una dignità riconquistata, della primavera da cercare…
Disperazione e speranza, questi i due punti cardinali, questa la direttrice lungo la quale tracciare un cammino di Liberazione, la ricerca di una Primavera. È per questo che conto di risentire quel canto, che confido in una nuova liberazione! Perché  la storia attuale, la cronaca della nostra terra, è ancora sporca, oggi come allora, come sempre o forse più che mai, delle ingiustizie del potere, della dignità calpestata, della fame e della morte. Perché il potere nell’Italia di oggi non è così diverso dalle dittature dello scorso secolo, forse solo più viscido e meno schierato; perché  superando persino le analisi di pensatori come Bauman che vogliono la politica serva dell’economia, da noi politica ed economia coincidono alla perfezione, anzi è la Politica l’azienda più ricca e produttiva della nostra terra, quella che dispensa favori e posti di lavoro nascondendosi dietro alla comodità del “sono stati gli altri.”
C’è in Italia una dittatura forse peggiore di quella del ventennio, perché  si è infilata in ogni angolo della vita sociale, perché i “cattivi”, quelli da cui liberarsi, non hanno divisa o colore, vivono tra noi, hanno le stesse nostre facce, militano in tutte le formazioni politiche; perché  non è facile riconoscere il male che è ormai anche dentro di noi, nella rassegnazione, nel qualunquismo, nel piegarsi alle logiche affamate e violente della criminalità elegante e ricca.
C’è una dittatura senza montagne in cui rifugiarsi, con spazi di resistenza sempre più ridotti; un potere con cui, per forza, bisogna relazionarsi giorno per giorno, chiedere, parlare, fare i conti.
C’è una dittatura passivamente accettata, difficile da riconoscere, facile da tollerare, meno scarpe rotte in giro, è vero, ma sempre meno libertà, onestà e dignità umana. O forse le scarpe rotte sono solo più nascoste, sono il sociale dimenticato ed offeso dagli sprechi della Nomenclatura di questo viscido regime; i senza voce e senza speranza, quelli facili da comprare con la promessa di un posto di lavoro o solo di un esame medico in tempi umani. Sono i poveri, parola scomoda e dimenticata, parola scalzata dall’eufemistico “fasce deboli”. I poveri che ci sono ancora, che aumentano ancora. Scarpe rotte in fila alle banche per un mutuo non concesso, scarpe rotte a manifestare davanti ai palazzi delle regioni, scarpe rotte tra i lavoratori di un welfare fatto a pezzi dalle leggi dell’economia mondiale. Scarpe rotte a Lampedusa o fuori dai cancelli di un’altra azienda che chiude; scarpe rotte in attesa che si liberi un posto letto in ospedale o di una pensione che finisce subito. Scarpe rotte davanti ai bidoni della spazzatura ad arrancare avanzi di dignità!
Per questo sogno di sentire ancora cantare di una primavera di umanità da raggiungere, perché  la nostra Storia, la nostra cronaca, guardate dalla prospettiva delle scarpe rotte, aspettano una nuova liberazione, incruenta ma viva e condivisa; perché  da questo lato della verità la Speranza è un imperativo morale e il Sogno non è ancora merce da svendere al mercato.
Si spera e si sogna ancora, nonostante tutto … “potranno recidere tutti i fiori ma non potranno fermare la primavera”.

Don Mimmo Battaglia – Presidente FICT