Scenario attuale. In primo luogo riteniamo doveroso ringraziare come Federazione Italiana delle Comunità Terapeutiche (FICT) per l’attenzione che ci riservate in questo momento di enorme difficoltà legata alle nota emergenza sanitaria in atto.
E’ ampiamente noto, infatti, che dall’inizio della pandemia sono soprattutto le fasce più deboli e fragili ad aver sopportato le conseguenze più drammatiche.
Conseguenze che non si limitano certamente al prezzo, pure altissimo, che siamo stati costretti a pagare in termini di vite umane, in particolare tra gli anziani, ma che hanno acuito in modo drammatico le diseguaglianze, aumentando le sacche di emarginazione presenti nel nostro Paese.
Il Covid-19 ha determinato una tempesta senza precedenti che ha investito tutti e tutto. Come però qualcuno ha correttamente osservato, se la tempesta è uguale per tutti, non per tutti è uguale la barca con la quale la stiamo affrontando.
Particolarmente fragile, infatti, è quella dove navigano le persone più deboli, e con loro tutte le realtà di volontariato e del terzo settore che se ne occupano. Parliamo di quei servizi che da decenni si affiancano ai cosiddetti “ultimi”, anziani, persone con disabilità, minori, tossicodipendenti, donne in difficoltà, ed in generale di tutti gli “scarti” di una società che, prima del corona virus, si sentiva immortale ed invincibile.
Purtroppo, come sempre accade, crisi di tale portata non livellano i diritti, ma al contrario, accentuano le diseguaglianze. E così è accaduto ad esempio con i servizi che di fragilità di occupano e che la nostra Federazione rappresenta.
Se infatti i buchi di bilancio causati dalle minori entrate (si stima più del 30% in meno di fatturato) e dalle maggiori spese (affrontate per DPI e attrezzature varie per la prevenzione del virus), stanno determinando una crisi strutturale nei servizi sociali e socio sanitari, di cui già si vedono i primi effetti (servizi chiusi e migliaia di operatori in cassa integrazione), la crisi Covid-19 ha acuito ulteriormente le differenze tra regioni e territori.
Il quadro già fortemente frammentato e differenziato è infatti peggiorato a seguito delle indicazioni parziali e spesso contraddittorie date dalle diverse regioni per affrontare la crisi sanitaria. Invero, se a livello centrale il Governo ha inteso porre in essere alcune misure già dal cosiddetto Cura Italia, ma solo per alcune tipologie di servizi, anziani e persone con disabilità, dimenticando tutto il resto, a livello territoriale, a fronte di una generale sottovalutazione della problematica che in alcuni casi ha portato all’assenza di qualsivoglia intervento o indicazione, abbiamo assistito a provvedimenti assolutamente differenti tra regione e regione per sostenere ed accompagnare le comunità in questo difficile momento.
Del resto, proprio grazie ai nostri servizi sui territori, possiamo oggi definire un quadro a dir poco preoccupante. Di seguito si riportano solo alcuni esempi.
Nell’esperienza delle nostre comunità educative per minori, che si occupano in particolare di fragilità complesse, tra cui minori con patologie psichiatriche e disturbi del comportamento o con dipendenze patologiche, stiamo riscontrando enormi difficoltà di gestione, considerando che, a causa delle ristrettezze dovute alle norme anti contagio, abbiamo registrato un aumento degli abbandoni volontari. In tali casi, peraltro, rimanendo fuori dalle comunità per diverso tempo, probabilmente senza le necessarie protezioni, diventa difficile il reinserimento in struttura. Infatti non è possibile lasciarli in isolamento 14 giorni, perché non riescono a reggere psicologicamente, e la loro particolare situazione di fragilità ci impedisce di rimandarli nelle famiglie a fare la quarantena. Né evidentemente possiamo temporeggiare per il reingresso, non solo per la loro situazione educativa e sanitaria ma anche perché molti di loro sono sottoposti a provvedimento giudiziario.
inoltre le attività di formazione professionale, che ricoprono un ruolo fondamentale nei percorsi educativi insieme al volontariato e all’inserimento nelle attività sportive e ludiche, finalizzate all’inserimento nella vita sociale ‘normale’ di ragazzini di 14-18 anni, sono state bloccate e con esse i percorsi terapeutici si sono come congelati. il tempo lascia un vuoto molto significativo per i ragazzi che lo vivono come dilatato. Se questo tempo non viene riempito di sapore dai processi educativi, diventa veramente difficile lavorare sulla motivazione a rimanere nei percorsi e molti ragazzi perdono il senso del loro percorso, dello stare in comunità, attivando meccanismi di fuga e di rabbia auto ed etero lesiva.
Nei nostri Centri di Ascolto, dove già prima della pandemia registravamo un aumento esponenziale delle richieste di aiuto per minori, sempre più piccoli, che abusano di sostanze o che hanno altre dipendenze, dopo il periodo di lockdown, ed a tutt’oggi, abbiamo verificato un numero importante di casi di dipendenza da videogiochi, gioco on line e internet, per ragazzi con meno di 16 anni. A ciò si accompagna, e probabilmente ne rappresenta una delle cause principali, l’enorme carenza relazionale legata proprio all’emergenza sanitaria.
Sul punto riteniamo opportuno segnalare che nel periodo di chiusura abbiamo assistito anche ad una difficoltà organizzativa notevole da parte dei servizi territoriali. Si è rallentato moltissimo nelle prese in carico e nel monitoraggio, per mancanza di personale nei posti di lavoro e per difficoltà per gli utenti ad avere accesso nei locali dei servizi pubblici dedicati. C’è stato quindi un abbassamento della capacità di rilevazione delle situazioni di disagio. Tutti gli interventi di natura domiciliare e di prossimità si sono fermati o ridotti a videochiamate.
Abbiamo inoltre registrato un aumento rilevante dei casi di violenza domestica assistita o subita dai minori. Una situazione che oggi, con tutte le difficoltà di un’emergenza ancora in atto, siamo costretti ad affrontare senza mezzi e risorse adeguate sul territorio.
In merito alle persone più anziane sappiamo molto bene della solitudine che sono tutt’oggi costretti a vivere a causa della paura del contagio. Una solitudine accentuata se gli stessi si trovano in una residenza assistita o in una casa di riposo, dove le norme anti contagio, impongono regole rigide che rendono di fatto inesistente il contatto con l’esterno e con gli affetti più cari.
Le persone con disabilità, oltre a vivere le medesime difficoltà degli anziani se ospitati in servizi a carattere residenziale, hanno sofferto enormemente la chiusura dei servizi diurni e domiciliari nel periodo di lockdown, ed oggi soffrono le limitazioni di orario, spesso ridotto, e le norme restrittive alle quali sono sottoposti per timore del contagio.
Quanto sopra rappresenta evidentemente solo un brevissimo e sintetico spaccato di quanto rileviamo quotidianamente nei nostri servizi sul territorio.
Proposte operative
Pertanto, al fine di fronteggiare un’emergenza tutt’altro che terminata, e che per le fasce deboli rischia di avere effetti devastanti, riteniamo necessario proporre a chi di competenza:
La programmazione, eventualmente attraverso la costituzione di un gruppo tecnico ad hoc, di interventi specifici per le fragilità complesse, utilizzando i fondi previsti per l’emergenza, ed in particolare per minori con patologie psichiatriche e dipendenza patologiche, per persone tossicodipendenti, per anziani e persone con disabilità. Tali interventi dovrebbero contribuire a garantire attività supplementari, a carattere sociale ed educativo, affiancandosi ai servizi già esistenti sul territorio, rinforzando le reti tra soggetti del pubblico e del privato sociale.
Linee guida unitarie che tengano conto delle diverse tipologie di utenza e di servizi sul territorio, e che possano armonizzare le attuale enormi differenze tra le regioni. In particolare si ritiene non coerente con gli effettivi bisogni imporre le medesime norme anti contagio a servizi che si occupano di anziani e di minori o tossicodipendenti. Peraltro le linee guida dovranno avere cura di equilibrare bene la necessità di prevenzione del contagio, con l’altrettanta necessaria vita di relazione e familiare delle persone. Non si muore di solo covid, e per molti nostri anziani purtroppo la solitudine rappresenta un nemico persino peggiore. Per le situazioni di particolare fragilità sarà poi necessario individuare strumenti ad hoc che possano evitare abbandoni di percorsi terapeutici, educativi e riabilitativi.
I servizi che si occupano delle persone con fragilità stanno risentendo enormemente della crisi derivante dal corona virus. In alcuni casi la chiusura e la sospensione delle attività (servizi diurni, domiciliari e di prossimità), ed in altri casi gli abbandoni volontari e la difficoltà per le nuove prese in carico, hanno messo in ginocchio servizi già fragili, gestiti per la quasi totalità da soggetti del terzo settore senza fini di lucro. Le diverse regioni purtroppo stanno dando risposte solo parziali, insufficienti ed enormemente differenziate. Sul punto sarebbe opportuno prevedere un intervento straordinario, già attuato in alcuni territori, che consenta, seppure nei limiti delle risorse preventivate nei diversi contratti, il pagamento dell’intero budget stabilito per l’anno 2020, al di là delle effettive presenze. Altra misura, alternativa, potrebbe essere il calcolo di un surplus sulle tariffe, come previsto da alcune regioni, per garantire la copertura delle maggiori spese sostenute a causa dell’emergenza.
Avv. Luciano Squillaci – Presidente FICT

Link per vedere l’audizione: https://webtv.camera.it/evento/16776