Ha sorpreso la posizione del comune di Bologna rispetto all’applicazione della normativa nazionale che, in forza del della previsione dell’articolo 19 del DPCM 142/2015, rimanda la prima accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (msna) a un sistema organizzato dal governo (prefetture). Si tratta di una decisione che è una sconfitta per tutto il sistema dell’accoglienza. Come dichiarato dalle istanze comunali: è una posizione dura, non presa a cuor leggero, ma che mira a scuotere dall’inerzia istituzionale tutti gli enti che per legge si devono interessare ai minori – a partire dalla Prefettura, e poi a seguire Questura, Procura Minori, Tribunale per i Minorenni, Centro per l’alfabetizzazione della lingua italiana, Centri di Formazione Professionale, Ausl – che tante volte si sono limitati a oggi a svolgere lo “stretto compitino” dovuto per legge, senza intessere rapporti di mutua collaborazione in un’accoglienza già di per sé complessa.
L’accoglienza deve avere una dignità, e con numeri troppo alti e mal gestiti non si fornisce un buon servizio a livello sociale; cosa che fa perdere senso e motivazione a chi opera nel settore. Fatichiamo da tempo a trovare personale e abbiamo di continuo posizioni lavorative aperte in questo settore.
Da tempo l’ ANCI invoca la previsione normativa della programmazione e del riparto dei flussi, come avviene per gli adulti, ma senza ottenere alcun riscontro da parte del Governo.
Oggi i comuni non sanno più dove collocare i nuovi arrivi e rimandano il problema al Governo in forza della suddetta previsione normativa. In assenza del riparto dei minori definito a livello centrale, comuni come Bologna, che hanno gestito in autonomia gli arrivi di msna sui loro territori, una volta saturati i posti nelle accoglienze territoriali, hanno risposto all’emergenza collocando fuori territorio, già in fase di rintraccio, i msna che si presentavano e chiedevano di essere collocati.
Si deve pure considerare che il sistema stesso non risponde più in modo adeguato alla tipologia di arrivi, prevalentemente da Egitto e Tunisia, alcuni anche molto piccoli (13-14 anni) – un sistema che fu pensato nel 2017 quando ancora gran parte degli arrivi era dall’Africa centrale, con caratteristiche molto differenti dagli attuali. Rispetto alle nuove caratteristiche dei msna occorre immaginare progettualità diverse e innovative, con un maggior investimento educativo. Ancora troppi sono i msna che non riusciamo a coinvolgere in percorsi progettuali, perché interessati ad altro.

Chiedendoci chi accogliamo riscontriamo le seguenti problematiche:
sedicenti msna: occorre arrivare a definire un protocollo snello e applicabile per definire l’età presunta, concentrandosi solo sui reali minori; per chi è maggiorenne e si trova in una condizione di fragilità esistono altre modalità di presa in carico.
msna albanesi: che arrivano sui nostri territori, ma è ormai chiaro che molti di loro hanno parenti molto prossimi che vivono nelle vicinanze dei luoghi dove si fanno accogliere. Occorre qui riprendere i rapporti con l’Albania per rallentare i flussi, specialmente lungo la nuova rotta balcanica o per via aerea con genitori che spariscono immediatamente dopo lo sbarco;
msna area magreb (Marocco, Egitto, Tunisia): facilmente vittime di circuiti devianti e di tratta. Sono msna anche molto piccoli, che in diversi casi sono già emarginati nel territorio da cui provengono e, arrivando in Italia, sentono di avere poco da perdere. Occorre chiarire, anche stringendo rapporti intensi con Procura Minori e Forze dell’Ordine, quali siano gli strumenti che possiamo avere per gestire i più “facinorosi”. La normativa attuale è assolutamente garantista e con gli strumenti a disposizione in questo momento le comunità sono impotenti. Ci si domanda se sia possibile ipotizzare, per esempio, la sospensione dall’accoglienza e lo spostamento di questi minori in strutture per adulti come i Centri di accoglienza straordinaria, dormitori, e così via, oppure per quelli che non aderiscono a nessun progetto, aprogettuali, chiedersi se non sia possibile applicare lo ‘statuto giuridico dell’emancipazione’, cioè sebbene minori trattarli da adulti, perché così nei fatti chiedono di essere considerati.

Alcune proposte sulle modalità di accoglienza.
Sarà importante prevedere, innanzitutto, una revisione delle previsioni normative a tutti i livelli (nazionale e regionale), ricordando che la norma deve essere al servizio dell’educazione altrimenti si peggiora solo quanto siamo obbligati a fare:
previsione di strumenti normativi obbligatori che possano consentire al Servizio Sociale di far rispettare ai minori il collocamento individuato. Accade, infatti, di frequente che i minori scelgano in quale comunità essere collocati; mentre il Servizio non ha strumenti che gli consentano di individuare il collocamento e far sì che il minore rispetti e aderisca alla progettualità individuata. Occorre poter dire sul piano normativo che se un msna rifiuta l’offerta che gli viene proposta perde il diritto all’accoglienza;
previsione di strumenti normativi più incisivi per la repressione di condotte devianti e a rilevanza penale. I criteri applicati ai minori prima di attuare la misura cautelare sono troppo elevati e determinano un senso di impunità nei minori che legittima le loro azioni. Si deve in questo senso considerare che il fatto che le condotte illegali dei minori non abbiano nessuna conseguenza, finisce per indurre anche un aumento del flusso di msna aprogettuali, che a loro volta richiamano sul territorio i loro amici, vantandosi di rimanere impuniti;
previsione di strumenti normativi per i minori per cui, a seguito di indagine penale, viene individuato il parente del minore presente sul territorio. In questi casi, in sede civile, viene disposto l’affidamento al parente e il contestuale trasferimento della tutela che però rimane vincolato alla volontaria adesione del parente. Nel caso in cui il parente, seppur idoneo all’affidamento, non accetti il minore, il Servizio non ha strumenti per procedere e il minore rimane collocato in comunità. Si legittimano, quindi, prassi nelle quali minori che hanno parenti sul territorio rimangano accolti in comunità. Non è possibile, ad esempio, che l’Affidavit, che i msna albanesi devono avere per poter entrare in Italia non abbia valore una volta che il minore potrebbe essere affidato al parente che era stato individuato nella dichiarazione richiamata, se questo non lo vuole;
ripensare in senso utile il ruolo del tutore volontario previsto dalla legge 47/2017. Può essere un’opportunità se viene abbinato con oculatezza al minore giusto, mentre non è pensabile che il tutore si affianchi ai minori in modo totalmente casuale (prassi attualmente in essere in Emilia Romagna). Ha senso che inizialmente la tutela sia di un soggetto pubblico, per espletare velocemente tutte le pratiche necessarie alla regolarizzazione (Permesso di soggiorno, residenza ecc…), e solo in un secondo momento, una volta conosciute le caratteristiche del minore, avvenga il passaggio al tutore volontario più appropriato;
aumento di opportunità formative mirate all’inserimento lavorativo. Nel contesto del flusso anomalo, l’assenza o la riduzione di possibilità formative accentua la difficoltà dell’accoglienza. Siamo consapevoli che il nostro paese ha assolutamente bisogno di questa futura “forza lavoro”, se vogliamo conservare l’attuale modello di Welfare, e riconosciamo che l’inserimento lavorativo è la chiave per integrare questi nuovi cittadini. In questo contesto i Centri di Formazione Professionale (CFP) segnalano la mancata coincidenza tra i tempi dell’accoglienza dei msna e quelli della conclusione del percorso formativo a qualifica, che mette a rischio la remunerazione dei percorsi. Inoltre per il fatto che in questo momento storico la situazione del disagio minorile e la dispersione siano molto forti, i Centri per la Formazione Professionale hanno l’obbligo primario di riservare i primi posti disponibili ai minori territoriali (figli di italiani o stranieri di seconda generazione). Registriamo in previsione del prossimo anno scolastico la mancata iscrizione di msna del 2007 e del 2008, ragazzi che avrebbero senza problemi la possibilità di concludere la formazione nei tempi previsti dall’accoglienza. La mancata iscrizione preclude ai minori un diritto dovuto per legge.

In positivo infine segnaliamo nella Regione Emilia Romagna l’avvio, dal mese di giugno, di corsi regionali legati alla DGR n. 109 del 30/01/2023 per i msna infra-diciasettenni con un solo anno di tempo davanti prima dell’uscita dall’accoglienza. Sarà importantissimo che il fondo regionale che alimenta questa formazione venga rifinanziato. Inoltre potrebbe essere utile, in prospettiva nazionale, che regioni come l’Emilia Romagna possano derogare rispetto all’attivazione di tirocini formativi per msna con 17 anni che non possono attestare l’assolvimento dell’obbligo formativo, come avviene già in altre regioni quali il Veneto e la Toscana.

Giovanni Mengoli
Coordinatore Rete FICT MSNA