Ho cercato di leggere con attenzione il testo del quesito del Referendum proposto dai Radicali circa l’abrogazione parziale degli artt. 73 c. 5 e comma 5 bis del D.P.R. 309/90.

Per i non addetti ai lavori si tratta di eliminare la pena detentiva nelle ipotesi di lieve entità di detenzione di sostanze stupefacenti non destinate al proprio consumo personale..

Riflessione sul quesito per i reati minori di droga dei Radicali

Questa ipotesi normativa, nel corso degli ultimi quarant’anni, ha subìto una serie di vicissitudini legislative di non poco conto. Nel 1975 venne introdotta come fattispecie delittuosa autonoma  per differenziare nettamente il grande traffico  dallo spaccio al minuto, appannaggio da sempre del tossicodipendente. Con la grande riforma del 1990 si è voluto abiurare al “buonismo” della precedente normativa  che mandava esente da qualunque tipo di sanzione, se non strettamente sociale, il mero consumatore. L’intervento, oltre ad introdurre una inefficace sanzione amministrativa nei confronti del consumatore, per esprimere un più pregnante disvalore sociale per condotte comunque illecite, rendeva l’ipotesi di cessione di lieve entità ipotesi attenuata di quella più grave riducendo fortemente i margini di discrezionalità del Magistrato.

L’irrigidimento si manifestava con l’introduzione di parametri fissi che non tenevano conto dello stile del consumatore: tali parametri venivano eliminati proprio con un referendum datato 1993 che faceva rientrare dalla finestra quella discrezionalità che il legislatore del 1990 aveva voluto drasticamente ridurre.

Furono anni di forte scontro ideologico in cui si fronteggiavano i fautori della legalizzazione e quelli del mantenimento della sanzione . Lo scontro non portò a nulla se non ad un ulteriore irrigidimento datato 2006, anno in cui vennero introdotte le famigerate tabelle, figlie di quei parametri che la popolazione aveva voluto escludere dal testo unico.

La Federazione delle Comunità Terapeutiche si è sempre espressa palesando la necessità di mantenere un forte messaggio di disvalore sociale che fosse al di fuori delle contrapposte ideologie ritenendo fondamentale che qualunque tipo di intervento tenesse conto del disagio sotteso alle ipotesi di consumo e di detenzione da parte del soggetto tossicodipendente, estraneo al traffico meramente lucrativo, appannaggio di organizzazioni che, sfruttando la sofferenza dell’uomo, creavano un mercato di morte.

Di fronte alla proposta formulata dai Radicali è utile fare una precisazione per ciò che concerne la certezza della pena, ma ancor più per la sua efficacia deterrente.

Mi pare di comprendere che tale proposta voglia incidere grandemente sulla carcerazione dei tossicodipendenti alla luce dei dati riguardanti la popolazione penitenziaria che segnano una massiccia presenza di “piccoli spacciatori” sia in stato di custodia cautelare che di esecuzione penale. In realtà sembra tradursi in una sorta di depenalizzazione della categoria e del comportamento. La sanzione pecuniaria che residuerebbe in caso di vittoria del referendum non avrebbe alcuna efficacia deterrente per quei giovani allo sbando, nullatenenti che non saranno mai in grado di far fronte al relativo pagamento.

L’insolvenza che ne deriva, infatti, non si tradurrebbe nella carcerazione, ma nel mantenimento di un debito nei confronti dello Stato esigibile dalle Agenzie territoriali per la riscossione del credito o, alla peggio, nella commutazione della pena pecuniaria in giorni di sottoposizione al regime di libertà controllata, con una riduzione della libertà di movimento e di sospensione del documento di abilitazione alla guida di veicoli.

La proposta, dunque, emerge dalla consapevolezza di non poter procedere alla legalizzazione di condotte che le Convenzioni internazionali non consentono di introdurre per via referendaria, ed evidenzia come sia volta a ridurre la pressione investigativa su condotte scarsamente offensive.

Il quesito referendario, dunque, si estrinseca nello svuotamento del contenuto sanzionatorio di una norma nel senso della sua efficacia e, pur permanendo a livello formale si traduce in una sorta di liberalizzazione di condotte penalmente rilevanti.

La sanzione meramente pecuniaria ha un forte significato sanzionatorio laddove rivolta ad autori di reato solvibili, i quali investiti dalla pena assistono ad una significativa riduzione del proprio patrimonio a fronte della quale hanno modo di riflettere sia sulla eventuale reiterazione della condotta criminosa, sia sul porla in essere a livello preventivo.

La modifica, qualora accolta, inciderà sul patrimonio del tossicodipendente?

Riflettiamo!

di avv. Marco Cafiero