Nei giorni scorsi la commissione della Camera ha approvato il testo base della legge sulla cannabis che prevede, tra l’altro, che in casa si possano coltivare per uso personale fino a quattro piantine. Pure in questi giorni è stata lanciata nel Paese da parte di vari gruppi la raccolta di firme per un referendum che depenalizzi la coltivazione della cannabis partendo anche dalla considerazione che in Italia ci sono sei milioni di consumatori di cannabis, i quali oggi – si aggiunge – hanno due sole scelte: finanziare il mercato criminale nelle piazze di spaccio o coltivare cannabis a casa rischiando fino a sei anni di carcere. Come se non ci fossero altre possibilità di scelta (una, ad esempio: smettere, no?).
Questa nuova campagna per la liberalizzazione intende andare oltre ciò che da tempo è diventato lecito: l’uso terapeutico di cannabis con principio attivo attenuato. Adesso non si fa riferimento a chi, per malattia, può ricavare sollievo da cannabinoidi. No, il tema ora è semplicemente la liberalizzazione del mercato. Sorvolando su evidenze acquisite da tempo sulla nocività dell’uso di queste sostanze, e sui rischi che diventino anticamera di dipendenze ben più gravi e devastanti. Il terreno sociale che favorisce tutto questo è fatto anche di scarsa informazione, disattenzione delle famiglie spesso assuefatte all’idea rassegnata che una canna non faccia poi così male, insufficienza delle strutture e delle azioni di prevenzione, indifferenza di larghi settori della società.
Un breve riassunto di informazioni può essere utile anche qui, per ricordare di che cosa si parla.
Il principio attivo contenuto nelle canne è il thc, tetraidrocannabinolo. In una canna ce ne possono essere quantità molto diverse. Gli effetti, quindi, possono essere molto differenti anche in conseguenza di queste diverse quantità. Oltre ad essere molto diversi anche da persona a persona. Il thc è, innanzi tutto, una sostanza allucinogena. Ciò provoca alterazione della percezione: ad esempio modifica la percezione dei colori, o dei suoni, o delle distanze, degli odori, dello scorrere del tempo delle sensazioni tattili. Facciamo degli esempi: se stiamo guidando un mezzo di trasporto la percezione della distanza tra noi e la macchina che ci precede può essere diversa (maggiore o inferiore) da quella reale, oppure la sensazione del tempo che occorre per raggiungere la prossima curva è diversa (maggiore o inferiore) da quella reale, se entriamo in una stanza la possiamo vedere di una grandezza diversa da come è magari con le pareti oblique anziché verticali).
Un altro effetto è una alterazione dell’attenzione: ci distraiamo molto facilmente da quello che stiamo facendo. Altro effetto tipico è l’esaltazione dello stato d’animo che già abbiamo: se siamo allegri possiamo diventarlo ancora di più, se siamo tristi possiamo, sotto l’effetto del thc, essere presi da una tristezza fortissima.
In certe persone questi effetti sono molto leggeri ed invece l’effetto principale è quello del rilassamento. In altre persone si ha l’effetto esattamente opposto: si possono cioè avere delle vere e proprie crisi di panico molto spiacevoli. In altre persone ancora possono comparire delle vere e proprie crisi psicotiche (pazzia temporanea). Sotto questo effetto possono comparire delle vere e proprie allucinazioni e dei deliri. In genere questo succede in persone (quasi sempre adolescenti)che probabilmente sono predisposte a questo e non lo sanno prima.
Una conseguenza dopo un uso frequente e prolungato è la cosiddetta sindrome motivazionale: cioè la tendenza a non avere voglia di fare niente.
A parte il fatto che il consumo frequente di cannabis non è privo di conseguenze sulla salute (in particolare, i rischi cardiovascolari arrivano quasi a raddoppiare), come per tutte le droghe dopo un uso più o meno prolungato si può sviluppare una dipendenza psicologica. Può cioè essere difficile smettere una volta che lo si decide. Non è facile fare smettere una persona che ne fa uso e vuole continuare. Soprattutto se questa persona non ha avuto effetti spiacevoli, è difficile che possa credere che questi effetti possono comparire quando meno se lo aspetta. E una droga che magari di per sé non è così impegnativa e rischiosa, potrebbe però diventarlo se, resa accettabile da questa percezione di apparente innocuità, si diffonde e crea un “ponte” che rende il passaggio alle droghe più pesanti precoce, rapido e lo spinge più rapidamente verso la dipendenza.
Non vale per tutte le persone, ovviamente, ma è piuttosto ampia la fascia dei vulnerabili, e di persone che passano da una droga all’altra più di quanto le droghe creino dei ponti per le persone.
È un tema da considerare sempre con attenzione, senza preconcetti o sbarramenti ideologici e con il massimo possibile di informazione serie e di opinioni scientifiche e professionali attendibili.
Una campagna di raccolta firme per un referendum rischia di diffondere stereotipici, opinioni sbagliate, informazioni pericolose. Cerchiamo di difendercene, e di ragionare. In un tempo in cui, purtroppo, il problema della crescita delle tossicodipendenze è particolarmente acuto. Dati diffusi nei giorni scorsi sull’andamento del fenomeno durante la pandemia 202 riferiscono di 128 nuove sostanze scoperte, 44 sostanze mai viste prima in Italia, 308 persone morte per droga, aumento delle dipendenze soprattutto tra i giovani per effetto di relazioni difficili o scadimento di valori, e anche un approccio sempre più precoce all’uso di sostanze, fin dalla prima età adolescenziale. Ce n’è per stare in forte allarme.

di Giorgio De Cristoforo, Direttore Responsabile Emmaus, testata giornalistica dell’Ass.ne “Casa Rosetta” di Caltanissetta