Raul,  Fernando, Sebastian, Patrizia : sono questi i loro nomi.  Erano i loro nomi. Abbozzi di vita, di fragili bozzoli appiccicati ad angoli di muro, esposti agli occhi di chi passa accanto. Armati solo di un sorriso sdentato e di uno sguardo che toglie il fiato. Come tutti i bambini.  Ma noi siamo stati crudeli nei loro confronti.
Non li abbiamo voluti vedere! Abbiamo posto lontano da noi tutto quello che può disturbare il nostro occhio o la nostra coscienza.

Se non fosse successo, chi si sarebbe interrogato sulle condizioni di vita di questi bambini? Chi sa quanti altri bambini vivono nello stesso modo? E perché solo la morte ci restituisce il senso della pietà?

E ancora mi chiedo: perché i TG danno la notizia di queste morti solo dopo aver parlato, ancora una volta e a lungo, della ormai famosa rubacuori? Perché ci mettono più ansia le foto del nostro premier nudo piuttosto che le domande sulla nostra insensibilità nei confronti dell’altro, misero, straniero, bambino, anziano?  È di oggi la notizia che in Calabria è morta Maria, deceduta per assideramento. Abbandonata dai familiari: è una società senza pietà, disposta a spianarsi le rughe o a comprare delle escort, ma assolutamente  non disposta ad avere cura e attenzione per chi ci sta accanto.
La mia coscienza urla: la rabbia mi invade. Devo fare molta fatica per poter vivere la mia quotidianità.
Siamo in balia di principi disumanizzanti: l’altro, soprattutto se straniero è un criminale. I meridionali sono fannulloni. Le donne sono oggetto di piacere e i giovani sono bamboccioni. Quanti giudizi, quante banalizzazioni, quante finte verità pronunciate da chi pensa di “raccogliere in bocca il punto di vista di Dio”. E intanto noi celebriamo le nostre commoventi “Giornate della memoria”, convinti di essere lontani anni luce dall’orrore dei campi di sterminio, mentre lo stesso fumo dei camini di Polonia sale dai campi abbandonati delle periferie delle nostre città. Ma va bene così: sono Rom, ladri, sporchi, vagabondi … è quello che pensiamo, senza ipocrisie, ed è anche quello che stava scritto sui “Manifesti della Razza”, redatti dagli scienziati fascisti e nazisti. Ma loro, i rom, gli zingari, non hanno avuto una scrittura per scrivere i libri che ci hanno commosso, non hanno avuto il denaro per i colossal hollywoodiani che oggi ci fanno sentire tutti un po’ più ebrei. Loro continuano ad essere come allora, ladri, sporchi, vagabondi. Via dalle città, allora, via dall’Europa dicono in Francia e in Padania. E noi? Cosa diciamo noi? Quanto ci importa davvero di queste morti, di questo olocausto della disattenzione, dell’indifferenza, di questa nuova disumanizzazione?  Le nostre risposte sono semplificate: sgomberi, paura, isolamento. La banalità del male. Risposte indegne di una società che voglia realmente porsi un problema per superarlo. Serve fatica, attenzione, ascolto, percorsi lunghi, lenti e programmati di integrazione reale. Serve una scuola realmente democratica che non sia un replicatore di differenze sociali, serve lavoro, serve cooperazione. Ma nulla di tutto ciò è nelle nostre agende politiche. Abbiamo perso di vista l’umanità, quella dell’altro così come la nostra. È necessario allora recuperare la propria dignità per riconoscere dignità all’altro. Ma noi siamo troppo collusi e corrotti. Dovremmo dare il vero nome ai nostri sentimenti:  razzismo, corruzione, svendita personale, desiderio di potere, ignavia. E dovremmo ritrovare invece quell’orgoglio di essere figli di Dio, il dovere e il diritto che questo nostro essere figli ci mette davanti: quello di schierarsi. “Poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Apocalisse, 3,16). Schierasi allora, dalla parte giusta, dalle parte dei poveri che “hanno sempre ragione”, per ritornare semplicemente uomini tra gli uomini, per risentirci figli di un Dio che ha scelto gli ultimi, per  potergli strappare con le nostre scelte un semplice sorriso.

Mimmo Battaglia – Presidente FICT