Quanto è difficile riempire questa pagina bianca, scrivere parole per questa Pasqua che si avvicina; sentire il dovere, umano e cristiano, di parlare di resurrezione e di speranza.  
Attorno a me vedo  deserto, buio, angoscia e rabbia, tanta. Mi chiedo quali siano i tempi della speranza,  in questo mondo così complesso, dove sembrano vincere solo i forti; dove le debolezze e le fragilità sono sovrastate e utilizzate dalla corruzione e dall’avidità di pochi uomini; dove cresce l’incertezza sul futuro e l’insoddisfazione del presente.

Ma  qualunque valutazione in merito resta nella superficie, nell’imperfezione di me e di te.
Se potessimo, per incanto e per miracolo, svelarci dal più profondo, scopriremmo un mondo dove regna l’equilibrio e la fragranza di noi stessi …
Dove il dubbio lascia il posto alla tenera fragilità che ci completa …
Dove ogni luogo è il luogo d’appartenenza … dove l’alba ci riconosce e noi in essa ci specchiamo.
Se potessimo, per incanto e per miracolo, svelarci dentro, scopriremmo il significato della nostra radice …
Dove la speranza dell’esistere carezza e avvolge l’anima, come una madre fa con il proprio figlio, con lo sguardo proteso all’infinito della sua essenza, come Cristo che carezza sua madre, i suoi figli …
Con l’anima negli occhi e negli occhi un inizio e mai la fine …
Con in mano  “le Vite” … le nostre, fiori freschi appena colti.
Regaliamoci il tempo dell’anima … ne abbiamo il diritto. Doniamoci una possibilità! Lo dobbiamo a noi stessi,  ai nostri avi, ai nostri figli, al nostro credere …
Diventiamo presenti alla vita. Ricordiamo che la fatica di trascinare ogni giorno una piccola sedia fino alla casa della speranza ci consente di stare comodamente attenti all’ascolto del silenzio che in essa si racchiude.
E facile sarebbe comprendere il messaggio Unico che va oltre l’indifferenza, oltre l’indignazione, oltre la diversità, oltre qualsiasi forma di protesta … solo d’amore, solo di pace, solo di nostalgia d’umanità.
Va oltre, nell’elevazione dello spirito che ci può donare la vera resurrezione … la Pasqua … il tempo dell’anima.
Ho davanti a me l’immagine della Pietà: fotografia di una sconfitta. Una donna che accoglie tra le proprie  braccia un figlio morto, e con lui la fine –almeno apparente- di un sogno, di una speranza. Poi la scena si allarga e si attarda a vedere l’immagine di due uomini tristi che stanno compiendo un viaggio da Gerusalemme a Emmaus. E nel viaggio triste di chi piange si apre lo spazio di un incontro, si affiancano i passi di un uomo le cui parole “riscaldano il cuore”. C’era bisogno di una capacità di analisi vera della storia, di attenzione a ciò che da secoli era stato seminato nel buio e nell’inverno per comprendere totalmente la parabola  storica di un uomo che pareva finita, ma che invece stava solo iniziando. E c’era bisogno di occhi “lunghi”, gli occhi lunghi della speranza, per guardare al di là del muro, dell’apparenza, e scoprire la vera realtà. Per riprendere il cammino. Un nuovo modo di vedere le cose,una nuova logica. Tutto per vedere oltre il visibile, per toccare oltre  il sensibile, per avere la forza di riprendere il viaggio. Quella città non era cambiata, era la babilonia di sempre. Là i due avrebbero sofferto le medesime contraddizioni, avrebbero incontrato conflitti duri da combattere.  Ma erano cambiati loro!  Avevano occhi nuovi: “i loro occhi si erano aperti”.
E noi, quali occhi abbiamo per leggere la realtà, per analizzarla, per capirla? L’occhio di chi è sazio? L’occhio di chi fugge? L’occhio di chi si adatta?
Eppure  la speranza viaggia sul rischio, sull’ampio orizzonte di chi sa anche morire per un sogno, sui gesti unilaterali. Vivendo nella città di sempre, ma anticipando la nuova città! 
È questa la Pasqua che aspettiamo: la resurrezione dell’umanità. Cristo è  davvero risorto. Questa è stata la risposta di Dio alle violenze e alla sopraffazione e all’ingiustizia. Alla menzogna!. È questo che ancora mi dà la forza di camminare, di esserci, di continuare a pregare e lottare:  mi fido di Lui!  
Ed è soprattutto attraverso le ferite dell’altro,  specchio delle mie ferite, che  voglio  scorgere la luce che indica la strada. Nelle ferite dei miei ragazzi, nel dolore dei fratelli senza lavoro, nei nostri immigrati senza più patria e senza ancora speranze, nei nostri compagni di viaggio. Perché  la speranza continua a vivere anche quando sembra impossibile , anche quando è come annegata dalle lacrime. Perchè  Dio naviga in un fiume di lacrime, e lì accende il cuore.
Perché dove tutto si ferma,lì Dio riparte.
Riparte nell’impegno di quegli uomini e quelle donne che credono: non solo in un Dio da pregare e da cui lasciarsi amare, ma in un fratello a cui porgere una mano e con cui condividere il percorso a ritroso della giustizia e della solidarietà. Voglio sentirmi parte di questa umanità che crede in un cambiamento, realizzabile con le proprie mani e con un cuore risorto, e che vuole vivere pienamente questa vita nella logica della fratellanza e del rispetto reciproco, innamorati della vita e della libertà.  
Forse, solo così, sentiremo a Pasqua che “rotola armoniosamente la nostra vita nella mano di Dio”(H. Illesum)               

Sac. Mimmo Battaglia – Presidente FICT